di Gabriele Mattacola *
Nino Manfredi,
dopo aver diretto nel 1962 l’episodio tratto dal film “L’amore difficile”, “L’avventura
di un soldato”, nove anni dopo dirige il suo primo lungometraggio, premiato
al 24° Festival di Cannes come miglior opera prima, “Per grazia ricevuta” ambientato nel paese laziale di Fonta Liri.
Protagonista
del film Benedetto Parisi di origini contadine il quale vive una infanzia
difficile in quanto orfano di entrambi i genitori e di cui si prende cura una
zia. Il giorno della prima comunione, mentre sta ingoiando l’ostia, sente
soffocare e corre dalla chiesa precipitando in un dirupo dal quale ne esce completamente
illeso. Si grida al miracolo di Sant’Eusebio. Adulto, lavora come garzone in un
convento di frati, dove rimane fino al giorno in cui non sente più avere la
vocazione. Successivamente lavora, dapprima come venditore ambulante, in
seguito guardiano notturno. L’incontro decisivo sarà con Oreste (Lionel
Stander), farmacista ateo grazie al quale abbandona le idee religiose che gli
hanno trasmesso i frati. Arriva ad innamorarsi della figlia Giovanna (Delia
Boccardo) e, il giorno in cui si presentano all’altare, alla domanda fattagli
dal prete se vogliono unirsi in matrimonio rispondono di no perché è solo
superstizione. Vince la difficoltà con il farmacista ma il giorno in cui quest’ultimo,
sul punto di morire, riceve l’estrema unzione Benedetto viene colto da una
crisi profonda che lo porta a tentare il suicidio. A seguito di un’operazione
riuscirà a salvarsi e si ripete nuovamente il già avvenuto miracolo.
Il film racconta la vita di un umile, la condizione
psicologica tipica dell’individuo di formazione cattolica, il quale soprattutto
a livello culturalmente depresso continua ad avere modelli di comportamento, e
di credere nella presenza del divino, anche quando sembra aver superato lo
stato fideistico (1). Il film, a mio parere, è una profonda riflessione
sulla vita e la conversazione di un uomo che riceve per due volte il miracolo,
segnato da un’infanzia tragica in cui ha perso ogni riferimento. Nel film
troviamo anche Paola Borboni (la suocera bigotta e malvagia) e Mariangela Melato,
scomparsa lo scorso gennaio, nel ruolo di una giovane assistente coloniale che,
dopo aver ricevuto il morso di una serpa, sarà salvata dal protagonista. Suggestiva
nel film è la colonna sonora comprendente anche il brano: “Me pizzica, me mozzica” nel quale l’attore parla del pastore di
mucche Bastiano, emblema di una terra ciociara dedita esclusivamente alla
pastorizia e potenzialmente negativo per coloro che amano la nostra terra. Manfredi
nel 1981 dirige il suo secondo film, che poi sarà l’ultimo come regista, “Nudo di donna” il cui progetto iniziale
era stato affidato ad Alberto Lattuada ma quest’ultimo, a seguito di divergenze
con l’attore ciociaro, lo ha abbandonato affidandolo alle mani di questi. Nino
ne è anche protagonista nel ruolo di Sandro al quale, durante il carnevale di Venezia,
viene commissionato il ritratto di un nudo che deve eseguire. La protagonista
femminile del film è Eleonora Giorgi. Il film, inoltre, è anche uno dei meno
conosciuti nella filmografia dell’attore ciociaro.
(1) Giovanni Grazzini Gli anni settanta in cento film Laterza
1988 Pag. 74/75
* Veroli 28
aprile 2013. Articolo di Gabriele Mattacola, laureato da alcuni anni alla Sapienza di Roma con
una tesi di laurea su Lino Banfi.
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