di Gabriele Mattacola *
Vittorio De Sica inizia la sua carriera di attore cinematografico diretto dal regista Mario Camerini nel 1932 (la bellezza di 81 anni or sono) con il film “Gli uomini, che mascalzoni” (foto) il cui titolo provvisorio era “Taxi”.
In esso la validità maggiore rimane la capacità di trasformarsi in una metafora tutt’altro che unilaterale di un momento di ristrutturazione del capitalismo italiano. Ambientato a Milano, il film ruota attorno al primo incontro tra Mariuccia (Lia Franca), figlia del tassista Tadino, e Bruno (Vittorio De Sica). Lei commessa in uno stand presso la Fiera Campionaria di Milano, lui rimasto da poco privo di lavoro. La ragazza accetta dal suo padrone nuovo un passaggio in macchina mentre lui è intento a corteggiare una ex-collega di lavoro. Bruno, in seguito, troverà lavoro alla Fiera ed offrirà un ballo all’altra corteggiatrice ma inseguirà di nuovo Mariuccia che, dopo averle detto per ben due volte se lo considera un bravo ragazzo, lo invita a bere al bar per riprendere poi il taxi. Tornato a casa, Bruno sarà presentato dal tassista Tadino come il futuro genero. Presentato alla prima Mostra del Cinema di Venezia, il film è noto anche per la canzone, successivamente divenuta un classico della musica leggera italiana tanto da essere ripresa negli anni ’70 dal cantante Mal, “Parlami d’amore Mariù”.
Nel 1953 il regista Glauco Pellegrini dirige un remake del film in cui Bruno e Mariuccia sono interpretati da Walter Chiari ed Antonella Lualdi. Il secondo film diretto da Mario Camerini con Vittorio De Sica è nel 1935 “Darò un milione” in cui è affiancato da Assia Noris e che inaugura la collaborazione tra il regista e Cesare Zavattini il quale in seguito sarà sceneggiatore e soggettista di quasi l’intera opera cinematografica di Vittorio De Sica regista appartenente prevalentemente al filone cinematografico del “Neorealismo”. Tornando a questo film esso fu al centro di una polemica tra Zavattini che proponeva “una comicità ancorata al realismo” ed il regista che parlava invece di “surrealismo da cartone animato”.
Il 1936 è l’anno in cui l’attore ricopre il ruolo di Memmo Speranza, un “ragazzo poco responsabile costretto a diventare serio” nel rifacimento dell’opera pirandelliana “Ma non è una cosa seria”.
Nel 1937 e 1939 abbiamo gli ultimi due film diretti dal regista di cui Vittorio De Sica è protagonista “Il Signor Max” e “I grandi magazzini” che in un certo qual senso anticipano il successivo genere cinematografico che spopolerà negli anni ’60 della commedia all’italiana. Il primo film vede un ritorno dell’attore e regista nativo di Sora al teatro grazie al personaggio, che vent’anni dopo ritroveremo nel “Il Conte Max” diretto da Giorgio Bianchi, del conte Max Varaldo mentre il secondo, prodotto da Peppino Amato, esalta il fascino visivo del film. Lauretta e Bruno, commessa ed autista, non s’incontrano in un profilmico aggettivo come quello della Fiera, bensì in quello ricostruito in uno studio dei magazzini.
De Sica e Camerini, nel 1955, tornano a lavorare insieme nel film “La bella mugnaia” in cui il primo interpreta il governatore Don Teofilo. Si dice che durante le riprese egli abbia estremizzato le proprie origini proletarie, dato che la sua controfigura si addormentava spesso, egli faceva, secondo il racconto di Camerini, la controfigura della propria controfigura.
Due anni dopo De Sica è nel cast del film, che inaugura il filone della commedia all’italiana d’impostazione vacanziera, “Vacanze ad Ischia”, nato inizialmente come operazione pubblicitaria di Rizzoli per la sua Ischia, con l’albergo e i bagni termali di Lacco Ameno. De Sica, in esso, interpreta il ruolo dell’ingegnere Occhipinti a cui un gruppo di giovani per scherzo insinua il dubbio, che lo tormenterà fino al chiarimento finale, che sua moglie sia stata messa incinta dal giovane Cifariello.
Nel 1971 avviene l’ultimo incontro tra De Sica e Camerini nel remake del film diretto 11 anni prima dallo stesso regista “Crimen”, “Io non vedo, tu non parli, lui non sente” il cui titolo provvisorio è “Un morto in vacanza”. L’attore interpreta il giocatore al Casinò di Venezia ed accettò la parte per un compenso molto inferiore a quelli che allora percepiva, perdendolo poi abbondantemente al Casinò, per venire al quale (oltre che per amicizia) aveva accettato (1).
(1) Sergio Germani Mario Camerini Il Castoro cinema La Nuova Italia 1981.
* Veroli 16 giugno 2013. Gabriele Mattacola.
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