Renzo Arbore non solo musica ( A Sora in concerto il 22 luglio) ma anche cinema. L'intervento di Gabriele Mattacola esperto di cinema.
Lo showman Renzo Arbore, che il 24 giugno compirà 80 anni, è stato occasionalmente attore e regista cinematografico. Nel 1971, per la regia di Demofilo Fidani, ha partecipato ai film western “Per una bara piena di dollari”, nel ruolo de Lo Sceriffo e “Giù la testa … hombre”, dove interpreta un bancario. Nove anni dopo, nel 1980, Renzo Arbore dirige il suo primo film del quale è anche attore dal titolo “Il pap’occhio”, uscito nelle sale cinematografiche il 19 settembre incassando 5 miliardi al botteghino e vincendo il “Biglietto d’oro” premio degli esercenti cinematografici. Il lungometraggio ha inizio con padre Gabriele ( Diego Abatantuono ) il quale, apparendo in sogno a Renzo Arbore, gli annuncia che Papa Giovanni Paolo II ( Manfred Freyberg, scomparso durante le riprese del film ), è rimasto colpito, guardando la televisione, da una campagna promozionale di una marca di birra di cui lo showman foggiano è testimone. Assieme al cast della trasmissione “L’altra domenica” tra cui un esordiente Roberto Benigni, si recano in Vaticano dove incontrano un cardinale bigotto, che ricorda Richelieu ( Graziano Giusti ). Il prelato farà di tutto per sabotare l’iniziativa del Pontefice corrompendo, con trenta gettoni telefonici, lo stesso Benigni. Le trasmissioni inizieranno alla presenza del Papa con lo spettacolo “Gaudium Magnum”, realizzato nello stile demenziale di Arbore. La sigla unisce religione e politica con riferimento al Partito socialista italiano. I presenti in sala gridano allo scandalo. Sarà il Deux ex-machina, il Padreterno ( Luciano De Crescenzo ), a bordo di una Fiat Panda, a fare irruzione negli studi sprofondando le pareti con una palla da demolizione. La compagnia di Arbore viene inghiottita dalla terra e il cardinale polverizzato. Nell’ultima sequenza del film, dal Paradiso, i protagonisti de “Il pap’occhio” cantano “When The Saints Go Marchin’in”.
A seguito del successo del film, nel 1983 Arbore dirige il suo secondo ed ultimo lungometraggio cinematografico dal titolo “FF.SS. Cioè …. che mi hai portato a fare sopra a Posillipo se non mi vuoi più bene?”, da lui stesso interpretato assieme all’esordiente Pietra Montecorvino, a Roberto Benigni e Luciano De Crescenzo. Ad inizio film vediamo Arbore e De Crescenzo girare senza meta per le strade di Roma in cerca di ispirazione per un nuovo film. Fermi ad un semaforo, vedono cadere dei fogli in cui è scritta la sceneggiatura di una pellicola di Federico Fellini rimasta inedita. Hanno cosi’ inizio le riprese di “FF.SS.” in cui lo showman foggiano ha il ruolo di Onliù Caporetto, impresario campano. Il suo obiettivo è quello di lanciare la giovane Lucia Canaria ( Pietra Montecorvino ), dotata di uno straordinario talento canoro. Lei, sorvegliante ai bagni pubblici, è affetta da napoletanite. Nonostante sogna di esibirsi nei palcoscenici importanti, la giovane è ospite fissa nella locale Tele Ottaviano. Quivi, assieme ad Onliù, incontrano l’inventore dell’arabian sound lo Sceicco Beige ( Roberto Benigni ), che consiglia a Lucia di cambiare manager. Lei non si separerà da Onliù e i due, per avere successo, si recheranno, dapprima a Milano cercando di sfondare nel mondo della pubblicità, quindi a Roma. Lucia, a seguito di un banale furto, finisce in carcere. Ritroverà, in seguito, sia il suo manager che lo Sceicco Beige. Arriveranno a partecipare al Festival di Sanremo dove si esibiranno in una sceneggiata che rivoluziona la scaletta della kermesse canora e Lucia canterà il brano inedito “Sud”. Alla fine del film Arbore e De Crescenzo si ritroveranno sotto la casa del grande Fellini esibendosi in un ballo finale assieme alla stessa Lucia. Dopo questo film, Arbore torna al cinema come attore comprimario in “Odore di pioggia ( 1989 Nico Cirasola ) nel ruolo del barbiere e “Il fratello minore (2000 Stefano Gigli ) dove interpreta un suonatore di mandolino in un ristorante. Nel 2009, per la regia del già citato Cirasola, interpreta se stesso assieme a Lino Banfi e Michele Placido nel documentario “Focaccia blues”.
* Veroli 14 giugno 2017. Gabriele Mattacola.
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