Da
quando, nella mia giovinezza politicizzata, ho scoperto questa
straordinaria pagina della storia del movimento operaio della mia
gente, della Media Valle del Liri – Isola del Liri Arpino Sora –
ho riflettuto intensamente sul suo significato nel contesto di
condizioni di vita socio-economica culturale religiosa. E l’avrò
pertanto riletta decine e decine di volte, citandola con passione
ogni volta che mi si è offerta l’opportunità.
Oppressi
lavorieri! Mi commuove come un grido di dolore e un appello
all’unione e alla solidarietà. ‘Quelli di Isola hanno jettato
alla cascata le macchine, anno fatto cosa santissima…’. Il
manifesto trae dunque spunto da un episodio storico di ‘
luddismo’ in una congiuntura economica di difficoltà per
l’industria tessile. Ma fa riflettere la circostanza che l’evento
di rivolta è messo in atto da ‘ quelli di Isola’,
evidentemente più pronti alla lotta. Ma il manifesto è scritto
dagli arpinati, probabilmente meglio alfabetizzati, per la presenza
di scuole e del Liceo classico Tulliano. E quindi l’evocazione
delle condizioni di sofferenza ‘…perché i patroni delle
fabbriche tievene nu lavorieri come a i servi…schiavi…come a i
asini’. E quindi uno scatto di consapevole dignità: ‘…i
uomini so tutti uguali, Dio ce ha creati uguali, essi infami ci
arrobbano, ce usurpano le sangue nostro…e chisti infami e chisti
operatori di iniquità sono magnotte che mai non se saziano di
sucarice lo sangue!’. E infine il lamento da una ferita
dolente, che sgorga dai più profondi sentimenti affettivi violati e
dalla sacralità infranta dell’orgoglio e dell’onore famigliare:
‘Ci frecano le moglie e le sorelle’.
Nella seconda parte il Manifesto sembra mutare di tono e di apertura alla speranza. Appellandosi a invocazioni consolatorie. Come l’evocazione della memoria dei Grandi Antenati, che costituiscono sempre un vanto ed una risorsa per il popolo umiliato e sofferente: “ Eh ricordiamoci na vota che semo della patria di Cicerone reprubbricano, e di Mario nimicho de i oppressori de i poveri “. E si auspica che possa ‘…succedere nautro raggruglio alla Talia, alla Lumpardia ‘ . Foriero finalmente di giustizia per i poveri.
La
conclusione investe un’amara rampogna verso chi tradisce
clamorosamente la povera gente: “ Essi Preti Farisei Scribi,
invece di predicare la vera legge di Cristo…invece di predicare gli
amori de i prossimo…ce rompono i coglioni. “ Si evidenzia
pertanto l’incontro tra la profonda ‘infallibile ‘ anima
cristiana dei lavoratori assetati di giustizia e l’antica
tradizione della Chiesa profetica – come non pensare a Domenico di
Sora? -. Nella realtà ecclesiale post tridentina del Vescovo
Montieri, troppo ossequiente al lealismo borbonico, che avrebbe
avuto fra qualche decennio l’antimoderno Syllabus errorum (
1864 ), siamo ancora lontani dalla innovatrice Enciclica
Rerum Novarum ( 1891 ) con il seguito dello straordinario
Concilio Vaticano II ( 1965 ). E finalmente di PAPA FRANCESCO,
che quotidianamente restituisce la Chiesa al Popolo di Dio “ in
cammino “ . Mi pare certo che furono proprio i Preti
Farisei Scribi a indurre il movimento operaio – per esigenze
di autodifesa – a scegliere la militanza socialista, senza mai
abiurare all’ antica autentica Fede Cristiana, custodita nel
sacrario inviolabile della coscienza.
* Isola del Liri 25
Dicembre 2013. Il Commento e l'Analisi critico - strutturale del Prof. Egidio Paolucci.
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