1.8.22

L’articolo sulle mascherine, mettendoci un po’ di “Soranità”, amore vs odio

La mascherina amore vs odio

di Simona Tatangelo

Stavo seduta su una panchina nel parco S. Chiara (Foto) a Sora e un foglio di giornale di una qualche rivista mi è volato fra le mani come se si volesse far vedere.

Il tema dell’articolo erano proprio le mascherine e così mi sono messa a leggere che ne esistono di tipi chirurgico o ffp2, ffp3.

Le prime sono un dispositivo medico, costituite da due o tre strati di tessuto non tessuto (Tnt), che funge da filtro che impedisce agli agenti infettivi di attraversarle. Il presidio è stato definito “altruistico” perché serve a proteggere gli altri impedendo un loro contagio in quanto limitano la diffusione nell'ambiente di particelle potenzialmente infettanti. Hanno, quindi, un basso potere filtrante all’esterno per chi le indossa. Sono usa e getta e possono essere indossate per massimo una giornata.

Le ffp2 e ffp3, invece, sono dei dpi (dispositivi di protezione individuale), realizzate in tessuto e in apposito materiale filtrante. Proteggono sia chi la indossa che gli altri. Sono più efficaci delle mascherine chirurgiche. Le ffp2 hanno un alto potere filtrante in uscita e verso chi le indossa a differenza delle mascherine chirurgiche. Anche le mascherine ffp2 sono monouso e andrebbero indossate per un massimo di 7- 8 ore consecutive.

Tali dispositivi possono essere dotati anche di valvole di espirazione che permettono all’aria calda di fuoriuscire dal presidio, riducendo l’umidità che si forma al loro interno. Attenzione però, perché in questo modo anche le particelle virali possono fuoriuscire. Servono quindi per proteggere se stessi ma non gli altri. Ecco perché vengono definite “mascherine egoiste”.

L’artico poi è terminato, proseguiva in un'altra pagina… chissà….

Così ho provato a immaginare come l’avrei continuato io.

Oltre a proteggerci dai virus le mascherine sono utili anche in altre situazioni della nostra vita di tutti i giorni.

Ad esempio ci evitano di fare certe figuracce! Avete presente quando si borbotta, fra sé e sé a bassa voce qualcosa e neanche ce ne accorgiamo? Bene la mascherina ci protegge ancora una volta perché rendono incomprensibili le nostre parole all’ascolto degli altri.

A noi non resta che tirare un bel sospiro di sollievo per essere riusciti a non farci sentire. Alla sorana potremmo dire: “caul, per fortuna che non mann sentit”!

Inoltre coprendo la bocca abbiamo rimparato a “parlare con gli occhi” ovvero a esprimere i nostri pensieri di tristezza, rabbia e felicità solo con lo sguardo.

Poi d’inverno, nelle giornate particolarmente gelide, ci protegge ancora di più dal freddo, diventa una sorta di prolungamento della sciarpa di lana.

In bicicletta si fa più fatica a pedalare perché non respiriamo a pieni polmoni ma in compenso non rischiamo di ingoiare quei fastidiosi piccoli moscerini che incontriamo passeggiando Lungoliri….si sa le fonti d’acqua attirano molti insetti!

Finora abbiamo visto i lati positivi della mascherina. Ma ahimè come ogni cosa c’è il rovescio della medaglia.

Quante volte le abbiamo maledette perché abbiamo dimenticato di portarcele dietro, quando erano ancora obbligatorie, e non siamo potuti entrare per esempio al supermercato o alla posta? Allora abbiamo cercato come “disperati” una tabaccheria o altro negozio per comprarne una. Niente da fare o ci dicevano che erano esaurite oppure che dovevamo comprarne un pacco intero altrimenti nulla. Ci siamo “mangiate” le mani perché a casa magari ne avevamo un intero assortimento di scorta.

Oppure ci ha salutato qualcuno che le indossava e non abbiamo capito chi era rimediando anche in questo caso figuracce, perché ad esempio era il nostro vicino di casa o addirittura un parente! “ e chi è chigl?” “bo….. e mica lo so capit”.

E lì partono le scuse e la classica frase detta alla sorana “ ch st maschr non c riconoscim chiù!”

Capire, poi qualcuno che ci parlava, tipo il medico di famiglia o una cassiera al supermercato da dietro una barriera di plastica alcune volte è diventata un’impresa. Era un continuo “che ha dit? “P rpet?”. E da lì che si venivano a creare anche situazioni tragico-comiche capendo una parola che per il primo caso si traduceva tipo “ m ingenn na recchia e invece si intendeva n’occh” mentre nel secondo tipo “ paie 20 eur?” ….ah no 30 eur!

Con gli occhiali, poi, se non le mettiamo correttamente poggiate sul naso, ci appannano le lenti non facendoci vedere bene: “non ved nient”.

Avrei continuato a scrivere così l’articolo sulle mascherine, mettendoci un po’ di “Soranità”. Che la porti al braccio come un laccio emostatico o dentro la borsa, l’importante è utilizzarla per proteggerci da questa pandemia mondiale.

* Scusate se vi sono errori nella trascrizione del dialetto sorano perché non sono esperta della materia. Il mio vuole essere il mio “personale” dialetto di Sora.

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