IL MONDO DI IRENE
Appuntamento all’Auditorium di Alatri dal 7 al 19 Giugno con “AUTOriSCATTI”.
di Rodolfo Damiani
Quello che Irene Carlevale interpreta e le sue sodali, M. Ancane, C. Bianchini, D. Carlevale, D. Francati, L. Peres, V. Pontone, A. Pompei, rendono attraverso le immagini, realizza uno spettacolo in living, uno spettacolo che assembla e perde pezzi, uno spettacolo in cui si vede la parola e si ascoltano le immagini. Una realtà dissacrante, la faccia della medaglia che i perbenisti praticano ma guai a parlarne,che Irene e le altre sbattono davanti allo spettatore senza alcun ammortizzatore, quello che è.
Pregevole galleria di scatti che mostrano in una sorta di reportage senza rete vizi e virtù.. “LA BESTIA DENTRO (IN FASE ORALE)” Irene in un recital in cui da il meglio della sua vena drammatica e ironica di denuncia morale… episodi liberamente sciolti.
Una bambina scopre il mondo, il sesso, gli adulti, la violenza, i tappi, le emozioni, il manicomio, l’evasione. È intrappolata, prigioniera di fantasie e circostanze. Mentre tutto accade qualcosa resta indietro, e non c’è prospettiva. Fa sempre buio. L’oscenità prende forma mentre si frantuma lo spazio della narrazione. C’è sempre tempo per tornare avanti. La bestia dentro (in fase orale) è un montaggio sciolto di una serie di performance ancora in fase di definizione. Che è sta roba, Mi sento tutta agitata, Ho raggiunto un certo equilibrio, Maschietto e femminuccia, Maria, La zingarella, sono i primi episodi prematuramente sciolti. In ogni perfomance compare l’elemento gabbia. La gabbia è un ambiente per animali: ratti, topi, elefanti, serpenti, umani e non umani. La sua entità è distinta dall‘ambiente che circonda, ed esiste perché c’è antinomia. L’universo è spettrale, come uno specchio irrisolto; l’unica prospettiva svetta all’orizzonte e chi ci arriva, s’impicca solitario. C’è la zingarella col suo vestito–habitus, gabbia identità. È la perfomance sulla costrizione, sulla violenza, sull’imposizione, sulla fermezza di chi ha dentro una presenza assidua e non vuole abbandonarla per una sottomissione impunita. C’è in Auschwitz un personaggio rappreso, eloquente già nel titolo, che sfida la forza, il futuro, la possibilità stessa di rinascere. Un fallimento, è tutto da dire. Maschietto e femminuccia filtrano l’irrisolutezza della sessualità. Se ne compenetrano quel tanto che basta per darsi fuori gioco col linguaggio, avvenuto in prossimità dell’educazione provinciale, e non. La confusione desta smarrimento, si è come sperduti a furia di rincorrersi nelle ostinazioni: la sessualità è il vezzo di chi si aggrappa alle nozioni da tempo usitate. C’è l’ossessione dell’affetto da manie persecutorie: vive la realtà come una carneficina, vede il sangue, raccoglie ove le foglie, smadonna per la natura che fa il suo corso, mentre lei, o lui ? fa il suo decorso. Un universo dove accade tutto e niente, dove non c’è scampo, dove anche ciò che è naturale diviene persecuzione. Il persecutorio persegue un solo fine: smettere di respirare e restarsene afflitto in mezzo ai suoi annegamenti, urlando pietà. È un esibizionista passivo, molto potente. La bambina ha l’ansia, cerca aiuto, ci sono medici che lavano il cervello. L’equilibrio è precario, non ha presa sul presente, oscilla tra la sottomissione e la falsità. Meglio starsene morti a terra nel proCosa stai guardando? Una supervisione a due: lo spettatore che incalza, il personaggio che declama. Afferra, sbrana, sussurra, si esibisce, dispera, indispettisce, è indispettito, sforma e deforma: poi è sfornato. I sensi nelle prigioni sono in confusione, non c’è chiarezza, i denti, il naso, le parti del corpo temono di essere incatenate, e chi guarda non perde il senno: lo raccoglie, piuttosto. I sensi sono scalzi. Bisogna offrirgli un paio di calze, e attendere che arrivino dal primo calzolaio a prendere dei punti. C’è lo sciuscià per loro. Cosa stai guardando? è la confusione delle talpe. Uaaaa, il primo vagito ha già dentro il messaggio, che poi non ha testo. L’unica vera parola, l’unico verso che valga la pena pronunciare. Se non fosse che poi bisogna difendersi e ci si inventa qualcosa da dire, o da commentare. Dove sono capitata? Commenta chi ha subito il primo furto. Non ci si doveva liberare da una costrizione alla nascita? Non si doveva uscire dalla scena? Non era osceno il primo vagito vicino al primo momento del corpo? Appunto…Come ti chiami? Gustavo!! Il cadaverino! La fase orale è ancora da digerire. Verso i nove anni sarà l’accusa, non il demonio, o il demolitore. Filtrato dallo sguardo di un lattante, anche il latte fa vomitare. Viene da ridere, ma è il tempo che detta legge, non è la legge che detta il tempo. E viceversa. I personaggi si erigono come in un’irresistibile flash di piacere fin troppo precoce, in un filtro destinato a intasarsi. BUAAAA
Da aggiungere a Ciociaria cultura e
CULTURA IN VETRINA
In tutti i paesi, in cui esiste un commercio programmato e regolato (democraticamente) le vetrine assurgono a complemento dell’arredo urbano, a messaggio subliminale, a icona culturale.
Solleviamo oggi il problema, a vetrine cambiate, perché poteva sembrare UNO SPAZIO PUBLICITARIO mascherato. Per circa un mese le vetrine dell’esercizio all’angolo fra Corso Volsci e via Boncompagni erano teche da museo, una mostra dell’evoluzione tecnica dei mezzi tecnici e fotografici, una galleria di immagini, prese singolarmente, collettivamente una finestra culturale sull’evoluzione della città.
Nella fantasia espositiva, credo di aver colto la mano di Rocco Di Passio, piena di immaginazione e di rigore stilistico. Per quanto di mio interesse, erano esposte macchine fotografiche che hanno fatta la storia della fotografia. Elenco alcune meraviglie esposte: Rolleicord, Rolleiflex, Leica, credo che sia la macchina più innovativa e perfetta fra le manuali, Flexora, Ferrania, che ha tenuto il campo con il suo soffietto con buoni risultati,Kodak, Agfa, Bencini, Voitglgander, un altro mostro sacro prima dell’invasione giapponesa, Bell & Howell, Cineprese Paillard, ricordate quelle a carica manuale dei film anni ’50 e Canon. Banco Ottico Lupo per finire.Innumerevoli foto di vissuto Sorano da fine '800 a primi anni 70, dove tantissimi hanno avuto modo di riconoscere nonni, zii, e personaggi noti che hanno fatto storia a Sora. Questo è un esempio di vetrina funzionale e interattiva.
E LA CULTURA VA
Questo fine anno scolastico 2012-2013 ci sta riservando sorprese piacevoli sul piano della percezione dei singoli eventi, ci soddisfa soprattutto per la scelta di aspetti cultural nei saggi di fine anno. Gli eventi sono importanti perché danno una immagine della scuola che, bloccata sulle regole ministeriali, laddove può agire in autonomia realizza delle plus valenze significative, che rendono la scuola più attraente , soddisfa la voglia dei ragazzi di fare e di fare fuori del convenzionale, li avvicina alla cultura e con essi inizia il circolo virtuoso, che è l’antidoto alla strada, ai videogiochi violenti, allo schermo del gossip.
L’Istituto Comprensivo III di Sora ha trovato nella Dirigente Scolastica Prof. Marcella Petricca, una educatrice convinta di quanto ho in precedenza esemplificato e ha concretizzato in modelli effettuali quanto era già teoricamente sistematizzato. Con la collaborazione di insegnanti che accettano di mettersi in giuoco e avendo da plasmare dei giovani, come la generalità dei ragazzi di Sora, con enormi potenzialità, ha dato vita a sperimentazioni artistiche individuate come laboratori. Tali sperimentazioni, facendo leva sulla logica,l’intuizione e la fantasia, caratteristica fondamentale dei ragazzi, hanno prodotto un gruppo che si è imposto all’attenzione internazionale nel Concorso di GIUOCHI MATEMATICI, risultato esaltante, la matematica assurta a esibizione dell’arte della logica, usata con fantasia. Poi abbiamo più volte applaudito gli allievi del coro e dell’orchestra, che danno vita ad un complesso di ottimo livello di esecuzione e di affiatamento. Mercoledi 5, nella sala del Supercinema di Sora, questa ideale ricostruzione di un’Accademia di Arcadia completava la sua offerta con l’esibizione del Laboratorio Teatrale. Scelta felice quella di una piece tragicomica e ironica come “La Giara” di Pirandello, alleggerita quanto basta e riletta al femminile. Quando si dice che l’arte di arrangiarsi può dare splendidi risultati. Ottimo l’adattamento,la regia e la scenografia, I due contendenti Don Lollò e Zi Dima, esagitato l’uno, e frenato l’altro al punto giusto, l’avvocato una presenza “di garanzia” e le contadine, scintillanti, brillanti, solari, ma soprattutto naturali , hanno portato sul palcoscenico la gioia, la spensieratezza della loro età.
A chiusura dello spettacolo, nel corso della premiazione, si è recitato un siparietto interattivo tra pubblico, attori e gli ospiti che premiavano, in cui la cultura risaltava a tutto tondo nei suoi effetti positivi sui giovani. Paradigmatica, con consumata esperienza, la Dirigente ha condotto questa fase riuscendo a mettere in luce le qualità dei suoi ragazzi e di tutto il personale dell’Istituto. Gli Istituti Sorani stanno dando una lezione del fare, del fare bene, della centralità della cultura, che dovrebbe far riflettere molti sulle aspirazioni di una città che ha dato i natali a De Sica, a Valente, al Baronio.
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10.6.13
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