Luisa Loffredo ha esposto immagini fino a lunedì 10 aprile su L’Aquila così come era prima del terremoto: “una silenziosa provocazione fatta di
immagini e parole”. Tre delle fotografie esposte sono messe a disposizione dei visitatori realizzate a forma di cartoline illustrate e da collezionare. Per mezzo di questa provocazione Luisa Loffredo precisa che “nulla vuole “mostrare” ma solo dimostrare come la facoltà di prestare attenzione alle cose, troppo spesso, appaia incapace di riflettersi coscientemente e con amore proprio nel quotidiano, nel “qui e ora”: un’inclinazione che viene data per scontata, di cui ci si sente padroni”. Per poi concludere: “E così a distanza di anni, posti ormai dinanzi ad una banale fotografia, iniziamo a mettere a fuoco particolari mai percepiti prima, quando di quel contesto eravamo ancora parte integrante. La malinconia ed i rimpianti più grandi non nascono dall’impossibilità di tornare, bensì dalla presa di coscienza di non essere stati mai, totalmente, presenti. In fondo abbiamo perduto solo ciò che non siamo stati in grado di com-prendere. L’invito si riduce, così, ad un augurio: carpe diem!”.
Presentato il libro fotografico nel pomeriggio di domenica. “Un libro che, per Rodolfo Damiani “è uno scrigno di umanità, un tesoro di emozioni, un appello che viene dalla storia, dalla fede, dall’arte a far sì che il sogno di Federico II non si spezzi come le vite umane spezzate dal sisma”. Il ricordo del terremoto affrontato da tre esperti. “E’ un viaggio attraverso la città come e cosa era prima del 6 aprile ma anche un impegno per ciò che dovrà tornare ad essere”, scrive Rodolfo Damiani. Gli esperti: il prof. Caruso e le dottoresse Loffredo e Attanasio “hanno portato un messaggio civile, morale e culturale e trasmesso ai presenti”. Mostra che si poteva visitare fino al 10 aprile con l’organizzazione dell’Associazione di Promozione “Babbaceglie” che “è in cammino appena iniziato e”, conclude Damiani, “gli accorsi domenica hanno potuto iniziare a vedere questo viaggio dell’associazione”.
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