assistito, mi è capitato d’incontrare l’ex-impiegato
Inpdap nativo di Fumone
Dionisio Del Monte, che per molti anni ha lavorato a Brembate
Sopra in
provincia di Bergamo, dove è anche vissuto.
Nel 2003, per
la casa editrice Libroitaliano, è uscita una sua raccolta poetica dal
titolo “Poesie per il terzo Millennio”. La prima lirica compresa in essa s’intitola
“Auguri per il terzo millennio” nella quale il poeta saluta l’arrivo del
Duemila che sarà ricordato come l’anno del Giubileo. L’autore brinda al nuovo
millennio per un Mondo Migliore ed alla fine invoca il Padre di tutti noi alfine
che nel suo ovile ci sia un solo pastore. I componimenti presenti nella raccolta
poetica sono interamente autobiografici e presentano i temi dell’amore per la terra ciociara, l’alternarsi delle varie stagioni e l’incontro
con diverse ragazze a
seconda dei luoghi da lui visitati. “Castelgandolfo, la
città dell’amore” ci parla
del movimento dei Focolarini fondato da Chiara Lubich a
cui lo stesso poeta
appartiene.
Durante le riunioni degli aderenti egli ha
alloggiato presso l’istituto
Mondo Migliore di Roccapriora. Nell’ambito di un
congresso Dionisio ha
ricordato l’episodio della trasfigurazione di Cristo sul
Monte Tabor. “La
raccolta del mais al mio paese” ricorda gli anni in cui
la sua famiglia,insieme
ad un’altra nativa di Fumone, lavorava il granturco che,
il giorno dopo, veniva
scartocciato dalle ragazze del paese e sul mucchio si
sedeva l’organista che
suonava per festeggiare la fine del raccolto. “Bucato
d’altri tempi” è una lirica
in cui il poeta ricorda gli anni della fanciullezza
quando, assieme alla madre
ed alla sorella Angela, si recava a lavare i panni e le
lenzuola a Lago di
Canterno. La poesia dal titolo “Superga” è una lirica
dove l’autore nativo di
Fumone ricorda un episodio che lo vide protagonista
durante gli anni del
servizio militare a Torino di cui ne parla con una
ragazza neozelandese che,
a distanza di venti anni, lo portò a visitare la città
piemontese ed essa rifiutò
l’invito di mangiare assieme a lui in casa della cugina
Elisa ed, alla fine,
rimase a dormire nella sua Cinquecento. “Avevo tanta
voglia di studiare”,
infine, è un sonetto dedicato al siciliano Emanuele
D’Arna il quale,
rivolgendosi al suo datore di lavoro, parla delle umili
origini che lo hanno
portato ad interrompere gli studi per aiutare suo padre
nei campi. Lui era
contrario a ciò. I figli, invece, hanno entrambi
studiato: il maschio si è laureato
mentre la femmina lavora come segretaria in una scuola.
* Veroli 29 gennaio 2017. Gabriele Mattacola.
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