29.1.17

DIONISIO DEL MONTE POESIE PER IL TERZO MILLENNIO


Nella primavera del 2004, durante una delle numerose conferenze a cui ho
assistito, mi è capitato d’incontrare l’ex-impiegato Inpdap nativo di Fumone
Dionisio Del Monte, che per molti anni ha lavorato a Brembate Sopra in
provincia di Bergamo, dove è anche vissuto. 

Nel 2003, per la casa editrice Libroitaliano, è uscita una sua raccolta poetica dal titolo “Poesie per il terzo Millennio”. La prima lirica compresa in essa s’intitola “Auguri per il terzo millennio” nella quale il poeta saluta l’arrivo del Duemila che sarà ricordato come l’anno del Giubileo. L’autore brinda al nuovo millennio per un Mondo Migliore ed alla fine invoca il Padre di tutti noi alfine che nel suo ovile ci sia un solo pastore. I componimenti presenti nella raccolta poetica sono interamente autobiografici e presentano i temi  dell’amore per la terra ciociara, l’alternarsi delle varie stagioni e l’incontro con diverse ragazze a
seconda dei luoghi da lui visitati. “Castelgandolfo, la città dell’amore” ci parla
del movimento dei Focolarini fondato da Chiara Lubich a cui lo stesso poeta
appartiene. 

Durante le riunioni degli aderenti egli ha alloggiato presso l’istituto
Mondo Migliore di Roccapriora. Nell’ambito di un congresso Dionisio ha
ricordato l’episodio della trasfigurazione di Cristo sul Monte Tabor. “La
raccolta del mais al mio paese” ricorda gli anni in cui la sua famiglia,insieme
ad un’altra nativa di Fumone, lavorava il granturco che, il giorno dopo, veniva
scartocciato dalle ragazze del paese e sul mucchio si sedeva l’organista che
suonava per festeggiare la fine del raccolto. “Bucato d’altri tempi” è una lirica
in cui il poeta ricorda gli anni della fanciullezza quando, assieme alla madre
ed alla sorella Angela, si recava a lavare i panni e le lenzuola a Lago di
Canterno. La poesia dal titolo “Superga” è una lirica dove l’autore nativo di
Fumone ricorda un episodio che lo vide protagonista durante gli anni del
servizio militare a Torino di cui ne parla con una ragazza neozelandese che,
a distanza di venti anni, lo portò a visitare la città piemontese ed essa rifiutò
l’invito di mangiare assieme a lui in casa della cugina Elisa ed, alla fine,
rimase a dormire nella sua Cinquecento. “Avevo tanta voglia di studiare”,
infine, è un sonetto dedicato al siciliano Emanuele D’Arna il quale,
rivolgendosi al suo datore di lavoro, parla delle umili origini che lo hanno
portato ad interrompere gli studi per aiutare suo padre nei campi. Lui era
contrario a ciò. I figli, invece, hanno entrambi studiato: il maschio si è laureato
mentre la femmina lavora come segretaria in una scuola.

* Veroli 29 gennaio 2017. Gabriele Mattacola.

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