22.4.13

Il nuovo Vescovo Gerardo Antonazzo: Omelia per l’inizio del ministero episcopale Sora 21 Aprile 2013 nella IV Domenica di Pasqua (2)


Eccellenza Reverendissima, mons. Adriano Bernardini,  Nunzio apostolico in Itali amati Confratelli nell’Episcopato, carissimi Sacerdoti, Diaconi, Consacrati, stimate Autorità Civili e Militari, indimenticabile Chiesa-Madre  di Ugento-S. Maria di Leuca, dilettissima Chiesa di Dio che sei in Sora-Aquino-Pontecorvo,

il Signore risorto è davvero presente nel cuore di questa nostra suggestiva assemblea liturgica, che celebra l’inno di lode all’Agnello vittorioso, in comunione con la Gerusalemme celeste, con “la moltitudine immensa, che nessuno può  contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua” (cfr. Ap 7,9).

Carissimi fedeli, e amici,

pur non conoscendo i vostri nomi, le vostre storie personali, familiari, e sociali, né i vostri cammini spirituali, sento che la vostra presenza e corale partecipazione sprigiona il profumo intenso del balsamo della comunione; e condividendo la gioia della preghiera fraterna, sentiamo già scorrere il flusso benefico di reciproci affetti, grazie anche alla complicità di eloquenti e amorevoli sguardi. Tanto basta, insomma, per non sentirci estranei, ma già amici e, soprattutto, membra vive della Chiesa. La vostra gioia esprime la bellezza dell’essere Chiesa di Dio che cammina libera, umile, e confidente,  nel mondo e per il mondo.
Questa nostra Chiesa oggi, domenica, celebra la gioia della propria fede nel Signore, il Vivente. Un autore cristiano antico, Melitone di Sardi, in un’omelia del II secolo scrive: “Sono io, dice il Cristo, sono io che ho distrutto la morte … che ho trionfato del nemico. Orsù, dunque, venite, voi tutti popoli della terra, immersi nei peccati: ricevete la remissione dei peccati. Sono io infatti la vostra remissione, sono io la Pasqua della salvezza”.
La domenica è l’ottavo giorno, che segna il compimento della nuova creazione, e trova nell’uomo redento il cantore dell’Amore che salva, come testimonia la moltitudine dei santi dell’Apocalisse. Così proclama un Inno della liturgia pasquale bizantina:
Una Pasqua divina è stata oggi rivelata … Pasqua nuova, santa, Pasqua misteriosa … Pasqua che ci apre le porte del paradiso, Pasqua che santifica tutti i fedeli … E’ il giorno della Risurrezione! Irradiamo gioia per questa festa, abbracciamoci. Diciamo fratello anche a chi ci odia, tutto perdoniamo per la risurrezione”.
Carissimi fedeli  e amici,
la Parola del Signore  oggi ci aiuta a comprendere in profondità il mistero del Signore risorto, offrendoci  tre immagini suggestive riferite a Gesù Cristo,  e nelle quali possiamo intravedere, come in filigrana, anche il significato teologico e pastorale del ministero del Vescovo nella Chiesa. Cristo è presentato come il  Servo della Luce, come il Pastore che raduna il suo gregge, e come l’Agnello immolato, salvezza dei redenti. Anche il Vescovo è costituito, ad immagine di Cristo, come Maestro, Pastore, e Santificatore della Chiesa.
1.      Gesù e’ il Servo del Signore e luce delle genti
Accogliamo Gesù come Servo della Luce per tutte le genti, “in fines terrae”. Nella prima lettura Paolo e Barnaba decidono di rivolgere l’audace annuncio della fede soprattutto ai pagani. E’ un’iniziativa nuova, straordinaria e sconvolgente. E hanno bisogno di dare valore e giustificazione a questa loro strategica scelta: perciò citano il profeta Isaia, nel passaggio in cui Dio, parlando della missione del suo Servo, il futuro Messia, annuncia: “Io ti ho posto per essere luce delle genti,
perché tu porti la salvezza sino all'estremità della terra (At 13,47).
La Costituzione Lumen gentium apre proprio con queste parole:  Cristo è la luce delle genti: questo santo Concilio, adunato nello Spirito Santo, desidera dunque ardentemente, annunciando il Vangelo ad ogni creatura (cfr. Mc 16,15), illuminare tutti gli uomini con la luce del Cristo che risplende sul volto della Chiesa (n. 1).
Cristo Gesù è “luce delle genti”, luce di chi crede, luce per chi non crede, luce per le nostre famiglie, luce nelle tenebre delle molte paure, luce nei nostri litigi, luce nei nostri pianti nascosti, luce nelle nostre disperazioni, ma anche nelle nostre insopprimibili speranze. La vera luce, Cristo, è gioia, è pace, è consolazione, è verità, è senso di vivere.
Gesù Cristo è Luce perché è il Logos, la Parola: Logos significa che Lui è il senso della storia, è la chiave della nostra esistenza, è il custode dei nostri destini, è la via della vita, è la ragione delle cose, è il significato dell’intero universo. Senza di lui tutto perde di significato, svanisce il senso dell’essere e dell’esistenza.                                                                                                                                                      
Questa  luce di Cristo si riflette sul volto della Chiesa perché essa la diffonda a tutte le genti. Sì, miei cari, “la Chiesa esiste per evangelizzare” la luce di Cristo. Portando a tutti la Parola, dona a tutti Cristo, quale luce attesa e desiderata, ma molto spesso sconosciuta, o addirittura drammaticamente contrastata. Il Signore mi manda in mezzo a voi come primo evangelizzatore della Luce di Cristo, “ministro della sua Parola”, annunciatore e testimone della sua luminosa verità.
Cosa  è più giusto aspettarsi dal Vescovo?
Che annunci sempre e soltanto ciò che vuole Dio, ciò che Dio pensa e desidera da noi, ciò che a Dio piace per il nostro vero bene e progresso.  La luce della Sua Parola potrà illuminare attraverso di me, e se voi lo volete, la vostra coscienza, educare la vostra libertà, alimentare la vostra speranza. Ma proprio per questo pregherete per me, perché io per primo acquisisca la sapienza del cuore, e possa riconoscere, accettare e annunciare soltanto la volontà di Dio, per la vostra vera gioia. Mi ammonisce s. Gregorio Magno, nel suo scritto “La regola pastorale”: “Il pastore d’anime deve essere discreto nel tacere e utile nel parlare, perché non riveli ciò che deve essere taciuto, o abbia a tacere ciò che sarebbe stato bene dire apertamente .… Spesso per timore di perdere il favore popolare, pastori superficiali temono di dire con franchezza quello che è giusto debba essere detto” (cap. 4).
2.      Il Pastore buono che raduna il suo gregge
La Parola di Dio oggi ci consegna una seconda immagine per comprendere il mistero di Cristo e il ministero del Vescovo: Gesù si presenta oggi, IV domenica di Pasqua, come il  buon Pastore”. In verità, il motivo della nostra esultanza oggi è proprio Gesù, perché il Dio della pace ha ricondotto dai morti il Pastore grande delle pecore(Ebr 13,20). Tutta la sinfonia letteraria del capitolo dieci del vangelo di s. Giovanni ci rivela il cuore di Cristo: Egli si presenta ai suoi con un procedimento di auto-rivelazione dove, alla pari di Dio, può dichiarare di se stesso “Io sono”,  e manifestare il suo divino amore per noi, la sua premura per il gregge. La bontà di Gesù Pastore è riflesso della bellezza del suo amore misericordioso e tenero, universale e gioioso.
Vi leggo un brano di Agostino sulla bellez­za di Gesù (Enarrationes in psalmos 44,3): «Per noi dunque che Lo riconosciamo, il Verbo di Dio ci venga incontro in ogni occasione bello: bello quale Dio, Verbo presso Dio, bello nel ventre della Vergine, dove non abban­donò la divinità e assunse l'umanità, bello bambino appena nato … bello nei miracoli, bello anche nella flagellazione. Sì, anche nella flagellazio­ne … se consideri la misericordia per cui per te, per tuo amore si era fatto ridurre così …. Bello quando invitava a seguirlo, bello quando non ha di­sdegnato la morte, bello quando è spirato, bello quando è risorto: bello sulla croce, bello anche nel sepolcro, bello nel cielo».  
La bellezza del Mistero di Cristo si incarna e si rende visibile, concreta, godibile, nella bontà del suo cuore di Pastore. Con la sua voce  amorevole il Pastore chiama e richiama, riunisce e guida le sue pecore; esse hanno imparato ad ascoltare, a riconoscere e ad obbedire solo al suo amore, e non alle lusinghe di mercenari e ingannatori.
Il Vescovo è configurato a Cristo quale pastore della Chiesa, per essere in mezzo a voi sacramento della sua bontà, della sua premura, della sua sollecitudine per tutti.  Il Papa Francesco nell’omelia della Messa Crismale, riprendendo un tema a lui molto caro, ha chiesto a tutti i pastori di portarsi addosso l’odore delle pecore, visto che sono chiamati a impregnarsi delle loro preoccupazioni, necessità, dolori e gioie. S. Agostino, nel discorso 46 scrive:  
“I pastori non debbono pascere se stessi ma le pecore, sicché questo è il primo motivo per cui vengono rimproverati tali pastori: perché pascono se stessi e non le pecore. Chi sono coloro che pascono se stessi? Son coloro dei quali dice l'Apostolo: Tutti cercano i propri interessi, non gli interessi di Gesù Cristo … Oltre ad essere cristiani, per cui dovremo render conto a Dio della nostra vita, siamo anche vescovi, e quindi dovremo rendergli conto anche del nostro ministero”.
Cosa chiedere al vostro Vescovo? Che sia buono nel cuore, custode del vostro vero bene, nell’animo e nelle opere, buono negli affetti e nelle relazioni, buono nel discernimento e nelle decisioni. Pregate perché io sia per voi la Sua voce, e insegnandovi a seguire Lui, facciate esperienza di Vita vera; chiedete che io sia  la voce del pastore che chiama la pecora perduta, che solleva e porta sulle sue braccia quella ferita, o stanca, o malata, o scoraggiata.
Il cuore del vero pastore si apre a tutti: non conosce preferenze, se non quelle per i più deboli, per chi rimane indietro, per chi è in ritardo nella speranza, per quanti non ce la fanno più, per quanti sono considerati dalla nostra società soltanto un peso, in particolare gli anziani, i malati, i più poveri, le persone fragili, come anche quelle ferite dal fallimento dell’amore.
3.      L’Agnello che dona la vita

Carissimi fedeli, e amici,
fin dove arriva l’amore del Pastore?  Di cosa è capace l’amore di Cristo?  “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici” (Gv 15, 13).
La pagina dell’Apocalisse ci consegna la terza  sorprendente immagine di Cristo: è l’Agnello immolato, vivo e vittorioso: “Io, Giovanni, vidi … tutti stavano in piedi, davanti al trono e davanti all’Agnello … Sono coloro che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide con il sangue dell’Agnello” (Ap 7,9 ss.).
L’apostolo Giovanni ci rivela uno squarcio di paradiso e ci mette in comunione con la liturgia celeste. Noi siamo una Chiesa composta da peccatori perdonati, rigenerati nel sangue dell’Agnello. E  tutti noi, oggi, partecipi di questo banchetto eucaristico, siamo la moltitudine dei credenti e dei redenti, che con la grazia del Corpo immolato e del Sangue versato,  veniamo rinnovati dal suo Amore. Così la nostra esistenza degradata dal peccato, dalla malizia, dall’egoismo, dalla menzogna, dall’insulto denigratorio, dalla malevolenza, dall’aggressione, dall’ingiustizia, dal profitto, dall’edonismo, dall’effimero piacere, può sperare sempre nuovamente nel perdono del sangue dell’Agnello immolato.
Al Vescovo è consegnata la missione di custodire, vegliare, difendere la santità della Chiesa, sposa di Cristo. Esercitando la pienezza del sacerdozio di Cristo, il Vescovo ha il gravoso compito di santificare la Chiesa di Dio con la Parola e i Sacramenti. Non dimentichiamo le parole dell’Apostolo Paolo: “Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa, purificandola con il lavacro dell'acqua mediante la parola, e per presentare a se stesso la Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata” (Ef 5, 26-27).
Carissimi fedeli e amici,
il buon pastore pronuncia anche parole che interpellano la vita, parole di chiamata, insistenti inviti a seguirlo: Venite … vi farò pescatori di uomini. In questa Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni mi preme parlare soprattutto al cuore dei più giovani tra di voi. Sono sicuro che tanti di voi partecipano regolarmente ai sacramenti, pregano, meditano la Parola di Dio, tanti di voi si formano nelle aggregazioni ecclesiali.
Carissimi giovani,  
saprete anche ascoltare la voce della chiamata di Dio con libertà interiore, senza freni e resistenze, senza paure e senza calcoli egoistici?  Siete  disposti a chiedervi cosa vuole fare Dio della vita che vi dona? Quanto grande e preziosa può diventare la vostra esistenza vissuta nell’amore per gli altri!
Siete pronti a condividere la bontà di Gesù, buon pastore, spendendo la vostra vita per la felicità degli altri? Non esiste ideale di vita più gioioso che essere felici della felicità degli altri. Il sì alla chiamata di Dio farà della vostra esistenza una storia esemplare di dedizione, di servizio, di sacrificio, capaci di sorprendere e di meravigliare, fino a scuotere la coscienza di chi vive nella comodità del proprio corrosivo egoismo.
Ci assista tutti con la sua materna intercessione la Vergine dell’Ascolto e del Sì; a Lei, Stella della evangelizzazione, affido tutto il mio ministero e il cammino della nostra Chiesa diocesana.
Amen.

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