Le
avventure di Pinocchio ( 1972 Luigi Comencini )
Nel
1972 esce, sia per il cinema che per la televisione, la trasposizione cinematografica
dell'omonimo “capolavoro” scritto da Carlo Collodi “Le avventure
di Pinocchio” diretto da Luigi Comencini. In esso recitano due illustri
conterranei: Nino Manfredi nel ruolo del co-protagonista Mastro Geppetto
e Vittorio De Sica in quello secondario di un giudice.
Il film ha inizio
con un padre il cui grande desiderio è avere un figlio e con un burattino
che cerca i genitori in un mondo pieno di umanità. Grazie
all'intervento della Fata Turchina ( Gina Lollobrigida ), il ciocco
di legno assume
le sembianze di un burattino per poi diventare bambino ed infine, grazie
alle varie marachelle, tornerà ad essere una marionetta. Egli ne
combina
una più del diavolo ed inizia rubando la colazione ed uccidendo il
Grillo Parlante per poi marinare la scuola seguendo, dapprima
Mangiafuoco ( Lionel Stander ), in seguito il Gatto e la Volpe (
Franco Franchi e Ciccio Ingrassia ). Successivamente incontra i
briganti e racconta le bugie ai dottori per poi avventurarsi con un
coetaneo di nome Lucignolo. Infine, dopo essere diventato somaro in
un circo, finisce nel ventre di una balena dove ritroverà il padre
Geppetto. I ruoli di Pinocchio, protagonista principale, e di
Lucignolo sono affidati a due attori esordienti “bambini”: Andrea
Balestri e Domenico Santoro. Il regista affida il ruolo di Geppetto a
Nino Manfredi partendo
dalla considerazione
che è l'“unico attore italiano capace di dialogare con un altro
pezzo di legno”. Egli, quando nel finale abbraccia suo figlio, si
definisce “un uomo libero che riesce da solo a far parlare un
bambino, con la sua solitudine, il suo affetto, il suo amore .1
Il
film, versione abbreviata di uno sceneggiato televisivo in 5 puntate, pone
grande attenzione all'aspetto sociale del testo di Collodi, sfumando
a tratti la sua ispirazione magica e fantastica. Ne risulta un'opera
apprezzabile dal punto di vista tecnico e professionale ma priva dal
punto di vista narrativo di impennate fantasiose, con pause
sonnolente
lungo tutto il racconto e un fastidioso senso di lezioncina morale
impartita non appena possibile . Il contrario di ciò che avviene nel
romanzo, dove certo non latita la moralità, ma che viene dispensato
sempre con il sorriso lieve di chi in fondo sa bene che sta narrando
pur sempre una favola .2
*
Veroli 26 ottobre 2015. Di Gabriele Mattacola.
1 Giorgio
Gosetti Luigi Comencini Il Castoro cinema La Nuova Italia 1988
Pag 69/72
2
Libri al cinema. La letteratura in 201 film Demetra 1999 Pag. 19
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