1.5.18

Gente di contrada, la trilogia di Renzi

SILVIO RENZI GENTE DI CONTRADA


di Gabriele Mattacola 

Mio zio Silvio Renzi, marito della sorella di mia madre Claudia Mazzola con la quale il 15 maggio festeggerà sessant'anni di
matrimonio, tra il 1995 ed il 2011, a distanza di otto anni ciascuno, ha pubblicato, a cura dell'associazione "Amici di Castemassimo"
in cui vive, la trilogia "Gente di contrada" comprendente i componimenti poetici da lui scritti nell'arco di cinquant'anni. Nel comporre le
proprie liriche il "poeta dilettante", il cui lavoro principale è stato quello di autotrasportatore, prende spunto dai due più grandi poeti
romani: Giuseppe Gioacchino Belli e Trilussa, da lui stesso letti. La prima raccolta comprende la lirica drammatica "Un triste ricordo:
la guerra" nella quale, con immutato dolore, ricorda suo fratello Sisto, di circa dieci anni più grande, caduto nella battaglia di Tobruk
durante il secondo confiltto mondiale, una ferita che ancora oggi, nel suo cuore, non si placa. Nel primo volumetto troviamo anche la
poesia in dialetto verolano "La mamma a lu figlio che si droga", struggente dialogo tra una madre disperata perchè suo figlio è
tossicodipendente. Infine vi è il breve componimento "La vita", paragonata metaforicamente ad un tram, Il secondo volume,
pubblicato nel 2003, s'intitola "Di tutto un pò". In esso sono presenti alcune poesie in vernacolo dedicate alla madre, la signora Maria
Giantrappi, venuta a mancare quando questi era poco più che ventenne. Significative sono le liriche: "Riflettere" e "Ciccionu e 
Ciccella". La prima è stata composta durante una visita ai propri cari al cimitero di Veroli in cui, mentre sta camminando, il poeta 
rimane assorto dinanzi alla fotografia di un defunto e, impressionatosi, lo sente vicino che inizia a raccontargli di quando era ancora
in vita. Nel finale il defunto invita l'autore della poesia a riflettere sulla vita perchè, se sei una brava persona, dinanzi a Dio la tua 
anima sarà accolta con una grande festa. Nel comporre questa lirica mio zio ha preso spunto, a mio parere, da " 'A livella" del grande
Totò, di cui è profondo ammiratore. "Ciccionu e Ciccella" è un dialogo tra due giovani prossimi al matrimonio. Lui è pronto a sposarla
ma la giovane, prima di entrare in chiesa, vuole in regalo da lui un braccialetto d'oro ed una spilla da mettersi sul petto. Ciccionu si
arrabbia con lei perchè crede di essere una principessa ed, alla fine, i due si lasciano. Nelle raccolte vi sono poesie dedicate a
parenti ed amici tre delle quali anche a don Andrea Coccia, nostro indimenticabile parroco scomparso a soli 51 anni il 19.12.1994.
Nel 2011 il poeta verolano, in collaborazione con la casa di accoglienza "Giovanni XXIII" di San Giuseppe Le Prata, mette in scena,
presso il parco della pace della già menzionata contrada Castelmassimo, "Il mio racconto", pièce teatrale diretta da Egon Stolfa in cui
narra ai bambini che frequentano il doposcuola la storia della parrocchia di San Pietro Apostolo partendo dagli anni in cui era
bambino fino ai giorni nostri. A settembre dello stesso anno esce il terzo, e per ora, ultimo volume della più volte menzionata raccolta.
Tra le liriche in dialetto verolano vi sono: "Tempi passati e tempi moderni", in cui l'autore ci parla di come è cambiata la società
rispetto agli anni in cui nacque Nostro Signore, "Ricerca sui soprannomi della contrada", excursus sui nomignoli presenti nella nostra
zona compreso quello dello stesso poeta, Canalo. Significative, infine, le poesie in vernacolo "Lu paese mio:Veroli" ed "Il seno in
affitto" in cui l'autore fa riferimento alle antiche usanze che vi erano in paese e alla descrizione dei mestieri di una volta quali il sarto
ed il calzolaio. Nella seconda delle due poesie mio zio ricorda il matrimonio di una volta: la cerimonia era breve cosi' come semplice 
era anche il pranzo. Ad allietare la festa vi era un signore che suonava l'organetto. 

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