Il libro rappresenta un vero gesto d'amore dell'autore per la sua Città. Per contribuire a far comprendere meglio, fin da ora, il significato di questa "opera", le sue motivazioni e le ricchezze culturali, storiche, artistiche e di ricerca che il lavoro contiene ed esprime “È un atto d’amore verso Sora e la soranità”. Storia, religiosità, miti, distruzioni, rinascita.
Si legge e si sfoglia volentieri il volume di Antonio Conte:
“ Il Fiume e le Pietre – La città nella ricerca storica”. Chi meglio di lui ce
lo può presentare ed illustrare? Come è nato questo libro e perché.
“È un atto d’amore verso la città, la SORANITÀ dei grandi
della storia e le aspettative delle
nuove generazioni del terzo millennio che ancora devono avere coscienza del passato
per capire il presente. Lo studio del territorio per ridisegnare
la topografia antica del Sorano conosciuta sotto taluni aspetti durante la mia lunga
attività nel cuore propulsivo della città, per mettere in risalto quelle
importanti risorse naturali dei tre sistemi vallivi che guidarono, consigliarono, indirizzarono
l’uomo nel processo di
localizzazione dei primi agglomerati
urbani. Le cartografie idrogeologiche
dell’Alta Valle del Liri insieme alle indagini geotecniche sono state il punto
di riferimento di una
mirata ricerca con il metodo della contemporaneità, vale a dire lo studio dei
sistemi abitativi e costruttivi, della vita sociale e dei culti religiosi del popolo,
del territorio, dei mutamenti
climatici, nelle azioni e nelle situazioni contemporanee dei dissesti causati
dai fenomeni delle piene del F. Liri, dai terremoti, nel corso delle trasformazioni urbanistiche avvenute
in oltre XX secoli della nostra storia.
Una storia vasta e complessa di avvenimenti analizzati in due distinti periodi storici:
“La
città nella ricerca storica” per percorre
i tempi della prima presenza dell’uomo nella
Valle Sorana, delle urbanizzazioni successive
dei Volsci, dei Romani, dei Vescovi, del Medioevo, dei Boncompagni, del primo ottocento con l’industrializzazione
della Valle iniziata dai Francesi di Napoleone e concretizzata dai Borboni e
del periodo unitario e post-unitario dell’Unità d’Italia.
“La città nella vita vissuta del secondo novecento” , per far conoscere un progetto di sviluppo nei programmi della
Storia Urbanistica degli ultimi 50 anni”.
Dove ci riconduce questo racconto del fiume?
“Il racconto
del fiume ci riconduce alle Primavere Italiche, quando “ab
origine”, le prime tribù, nel percorrere il suolo italico alla ricerca
di stabile e sicura dimora, scelsero di costruire i loro villaggi sulle cime di rocciose colline distribuite a
margine di due fiumi storici, in un territorio dal toponimo Sor ( Sora) da un idioma indoeuropeo riferito all’aspetto fisico dei siti abitati estesi
a Nord, ad Est, a Sud, dal greco “soreùo” (accumulo, ammucchio, ricolmo)
o sòros (monticello di terra).
Nella integrazione sociale con i Volsci e con i Romani il popolo si forgiò nella
splendente armatura della soranità, riuscendo, nel corso della storia, a
sopravvivere alla caduta dell’impero, alle
invasioni barbariche, ai flagelli del colera, della peste e, nelle
sofferenze dei devastanti terremoti e dell’estrema povertà, ha sempre saputo dare, con la forza d’animo e l’ingegno, prestigio ed onore alla propria città capoluogo
di un grande distretto primo polo
industriale del Regno Borbonico”.
Quali sensazioni ti hanno guidato?
“Tante
gradevoli sensazioni nel dare volto ad aspetti
sconosciuti della città antica:
la struttura
sociale degli Aborigeni con le tombe
ad inumazione nel culto del Dio
Sole scoperte a margine della più importante pista che metteva in
comunicazione i villaggi sparsi nel territorio (Cellaro);
il vero perimetro delle Mura
in Opera Poligonale Volsca e Sannita sul
costone Nord;
le motivazioni idrauliche che
portarono i Romani alla rimodulazione
dell’alveo del fiume e della rete scolante secondaria per creare la città nella
forma urbis di valle; il ruolo del grande canale
nella Centuriazione Romana;
i momenti storici dell’architettura
abitativa, dell’economia agricola, di produzione ed esportazione, dei culti
religiosi praticati dal popolo verso il Sole, la Flora e l’Acqua, gli Dei ellenici ed egizi, nel linguaggio muto delle pietre;
la presenza di altri
sacelli pagani sul colle dell’Episcopio, zona retrostante il tempio della triade capitolina, accertata dai lavori promossi dal parroco della Cattedrale di S. Maria, Mons.
Alfredo Di Stefano;
la misteriosa ubicazione dei templi di Iside e di Separide ( Dei della
dinastia dei Tolomei), proiettata dalla dottrina Esoterica nella scenografia
del Liri;
le finalità
ambientali applicate dall’imperatore Claudio
nel prosciugamento del lago Fucino e riprese dal Principe Torlonia;
il
dimensionamento della città imperiale con la Piazza D’Oro ed il Serapero
(Macellum), affermatasi fortemente per la sua posizione strategica a
margine di un importante sistema stradale radiocentrico che metteva in
comunicazione tutto il territorio vallivo
con le più importanti aree mercantili;
l’esatta epoca
di edificazione del rione cittadella nell’area sud della Città dei Vescovi;
il rinnovato sistema
stradale della Scuola di Acque e Strade
dei Francesi di Napoleone, concretizzato dai cattolici Borboni;
le motivazioni
politiche del ventennio fascista che
sacrificarono il luogo più amabile e sacro della cristianità sorana, nelle
Piazze S. Restituta e Orto dei Santi”.
Perché hai scelto l’Aula Magna del Polo Didattico di Sora per la presentazione ufficiale?
“La presentazione “La città nella ricerca storica” nell’Aula
Magna Polo Didattico di Sora, Università di Cassino e del Lazio Meridionale, è
strettamente dipendente alla storia di Sora e dello stesso palazzo edificato su
un impianto d’epoca imperiale, indicato
da un grande FIGLIO di questa
terra, il Venerabile Cardinale Cesare Baronio per costruire il nuovo ospedale
di S. Spirito, Priorato di Sora, con i grandi massi che uscivano dal suolo,
nell’intento di istituire nei vetusti locali del Priorato una Scuola dei
Gesuiti. L’iniziativa fu ripresa,
all’inizio del XVII secolo, dalla duchessa Costanza Sforza Boncompagni dei Conti di
Santa Flora che nell’edificare sugli immobili dell’ex ospedale il Collegio dei Gesuiti,
realizzò qui sui ruderi a lato della
Via Porta di Corte (decumano della
centuriazione romana) le Carceri, poi trasformate, dopo il rovinoso terremoto del 1915, nel Palazzo degli
Uffici ovvero nel Regio Istituto Tecnico C. Baronio, oggi Polo Didattico
Universitario. La prova è
nell’iniziativa promossa dal grande
giurista sorano Prof. On. Vincenzo Simoncelli, che, per esaudire il desiderio
dell’onorabile Cardinale, s’impegnò instancabilmente, sul finire
dell’ottocento, affinché
il primo Civico Ospedale della SS. Trinità sorgesse appena a valle di Piazza
Cerere, ora Garibaldi, sulla strada regia dei Borboni, il viale Napoli, proprio
sul fronte opposto alle Carceri dei Boncompagni”.
È vero che Sora è stata la città più distrutta e ricostruita d’Italia?
“ Si, Sora è stata
la città più distrutta e ricostruita della Penisola Italica per le calamità
naturali dei rovinosi terremoti a ricorrenza trecentennale, succedutisi nei venti secoli della nostra
storia, catalogati dal Baratta, dai momenti in cui gli imperatori romani,
Augusto I sec. A. C., Traiano, I-II sec. D.C., imposero nuove disposizioni
costruttive per dare sicurezza agli edifici delle insule sempre soggetti a
collassi strutturali e dalle Passio riguardanti il martirio di S. Giuliano (161 D. C) e di S. Restituta per le rovine della
primitiva chiesa. Una città ricca di un patrimonio artistico ora scomparso per le sconvolgenti calamità
naturali del passato ed anche per le
strategie politiche dei primi 150 anni dell’Unità d’Italia. Tra
le diverse ricostruzioni dell’abitato
quelle più significative si identificano nel X e nel XX secolo. La prima
avviene dopo l’edificazione della Cattedrale, sul colle
del distrutto centro economico e religioso pagano. La città abitata
da un popolo decimato dalle invasioni barbariche e falcidiato dalle
epidemie dei duri e lunghi secoli dell’età del ghiaccio, viene ampliata e
fortificata dall’amministrazione dei Vescovi, secondo i criteri urbanistici
dell’epoca, basati sulla necessità, spontaneità ed irregolarità, per l’assenza
di qualsiasi pianificazione. La popolazione
nella forza della fede
misericordiosa del Cristo e con una economia agricola molto povera, riuscì
a registrare segnali di crescita
demografica con la scomparsa delle gravi epidemie. La ricostruzione dell’abitato antico nel XX
secolo ricorda per finalità quella operata da Boncompagni dopo il disastroso
sisma del 1654. La
ricostruzione ed ampliamento della città iniziata nel 1920, dopo l’approvazione del piano regolatore, con l’amministrazione
guidata dal sindaco socialista Annibale Vitti viene proseguita dai tre Podestà
del ventennio fascista”.
E i fattori che favorirono l’aggregazione dell’abitato?
“L’ambiente e l’organizzazione
monastica, favorì più che altrove l’aggregazione dell’abitato.
Nella diocesi di Sora, tra l’XI e il
XIII secolo, la presenza di numerose chiese e monasteri ebbe una influenza
determinante non solo ai fini del
consolidamento e dell’incremento della vita cristiana, dando
cura e carità ai poveri ed ai
malati, ma soprattutto allo scopo di
favorire lo sviluppo agricolo e sociale con la costruzione di magazzini,
granai e cantine, di manufatti per la
lavorazione dei prodotti della terra (molini e montani) e di case. Nel 1200 d.
C , con l’abbassarsi nuovamente delle
temperature, tornarono a propagarsi la peste, il colera ed i tanti morbi
contagiosi per le carenti condizioni igieniche in cui viveva il popolo, minato
nel fisico dalla cattiva alimentazione per la scarsità delle messi prodotte
dalla terra tormentata dal clima rigido della piccola età del ghiaccio
medioevale. In questo secondo periodo del grande freddo, che si protrasse fino
al XVII secolo, l’attività caritativa della Chiesa fu molto incisiva e, per
assistere i malati, fece sorgere i
primi “hospitali” o “senodochi” a cura
delle parrocchie, delle confraternite,
grazie anche alla beneficenza delle
famiglie più agiate”.
Perciò Sora ha assunto
un’anima”Guelfa”?
“Da queste lontane
ed antiche radici si possono far risalire i valori profondamente Guelfi della
città di Sora. Un territorio
che, nel corso della sua lunghissima storia, è stato continuamente condizionato
dalle influenze delle dinastie straniere che si sono avvicendate al suo
governo. Dopo il
periodo delle guerre tra guelfi e ghibellini,
delle distruttive calamità naturali e delle congiure de baroni che procurarono nuove distruzioni e povertà, ritroviamo una
città ricostruita con le potenti famiglie dei D’Angiò, dei
Cantelmi, dei Della Rovere, dei Boncompagni
e nel primo ottocento, con
l’industrializzazione dei cattolici Borboni, nacque
la nuova tipologia della fabbrica-villa che qualificò la Valle Sorana
"La Manchester" del Regno delle due Sicilie. Nel primo
novecento, la città giardino con il
Corso, merito della numerosa famiglia dei “ Cenci”, la scenografia dei
bellissimi Palazzi allineati lungo la Riviera di Levante specchiati nelle verdi
acque del Liri, il parco fluviale del Transliri con le romantiche passeggiate
in barca, decoro e orgoglio dei nostri
antenati, è distrutta in pochi secondi dal disastroso sisma della Marsica del 13 gennaio del 1915. Ricchi, poveri, letterati, artisti, artigiani cominciarono a vivere in un nuovo rione di baracche, affratellati nel dolore con
l’ardente desiderio di ricostruire subito
la loro Sora. Le numerose
famiglie, nello scenario miserabile
della precarietà e della lunga
attesa in ricoveri malsani, vissero
soffocando nell’animo l’urlo di dolore, vivo, forte della imprevedibile
scomparsa, in quel disastroso giorno, della casa, dei famigliari, degli amici,
dei conoscenti, le sofferenze della povertà, i 312 morti della grande guerra,
la febbre perniciosa e la “spagnola”- 1918-, che fece strage della popolazione
denutrita. La popolazione si affida alla
Santissima Madre di Dio ed amplia, sul ponte dell’antico canale della
centuriazione romana, la cappellina di Maria SS di Costantinopoli. Uno spazio
sacro limitato, figlio della miseria di quei tristi lontani giorni, che la
comunità ed il parroco don Paolo Galante cercano oggi di rendere sempre più
confortevole. Il popolo,
erede di tanti sacrifici, è ancora in
attesa come i loro nonni e genitori di
vedere una chiesa più spaziosa capace di
ricevere in modo agevole i componenti della famiglia di S. Giuseppe Artigiano
per glorificare il dono del Battesimo, del Perdono, della Verità e della Vita
ed anche per poter allontanare con la preghiera i segni malefici che continuano a frenare la migliore qualità della vita
nel Rione, nella Città ovvero lo
sviluppo sostenibile di tutta la Valle Sorana”.
Quale importanza, allora, ha avuto l’urbanistica nel novecento?
“Alla fine
dell’ottocento, le nuove correnti di
pensiero sulla riqualificazione ambientale di Parigi, caratterizzata dagli
sventramenti dell’ architetto Hausmann,
fecero subito capire che l’urbanistica sarebbe entrata nelle linee
generali della Politica. In quel
movimentato periodo in Italia le leggi del 1865
impegnavano le amministrazioni comunali a garantire nelle città l’ordine pubblico e
l’igiene cittadina. Il regolamento edilizio comunale di
fine secolo XIX curava il decoro urbano e la salubrità del centro abitato, mentre
nelle campagne l’edificazione era libera. Nel novecento, l’urbanistica,
diventata il motore aggiuntivo delle
soluzioni politiche, prima con il
razionalismo del regime fascista e poi con le strategie del riassetto
territoriale nazionale della prima repubblica, ha portato la Valle Sorana ad un lento e graduale
isolamento dai circuiti virtuosi dello sviluppo”.
È stata una piacevole ed istruttiva conversazione, molto intensa e coinvolgente. Parlando di Sora, il tempo è volato. Anche perché ho scoperto ed imparato molto. Ecco, questo è un libro che non può e non deve mancare in nessuna casa e famiglia sorana. Per chi, da sorano, vuole conoscere di più le proprie radici e continuare ad amare Sora, il volume : “Il fiume e le pietre – La città nella ricerca storia”, lavoro, ricerca, fatica, sentimento ed anima di Antonio Conte, deve avere un posto privilegiato in ogni biblioteca che si affaccia lungo il sinuoso percorso del fiume Liri.
* Sora 27 ottobre 2012. Intervista rilasciata da Antonio Conte a Gianni Fabrizio alla vigilia dell'evento.
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