Chi è Francesco “Cico” De
Marchi?
“Francesco De Marchi è una
persona semplice, che ama divertirsi come tutti, ma avendo sempre la testa
sulle spalle. Si impara sempre dagli errori del passato e ad oggi sono attento a non ripeterli più”.
Come nasce il soprannome
“Cico”?
“Il mio soprannome è nato quando
ho iniziato a giocare a pallavolo a Treviso. Avevo 16 o 17 anni e subito mi
hanno catapultato in prima squadra e lì c’erano i vari campioni come Bernardi,
Gravina, Vermiglio, Cisolla, Fei ed è stato proprio quest’ultimo a darmi questo
nomignolo perché inizialmente mi chiamava “ragazzo” perché ero il più giovane
di tutti. Una mattina venne e mi disse che il soprannome “ragazzo” gli sembrava
un po’ triste e che avrebbe voluto cercare qualcosa di più internazionale, ma
semplice, e lì fu coniato “Cico””.
Come ti sei appassionato al
volley, come hai iniziato?
“Mi sono appassionato alla
pallavolo dopo un torneo scolastico, quando andai a fare il provino appunto a
Treviso. Fui scelto durante questa competizione, nonostante ai quei tempi fossi
ovviamente ancora grezzo nei gesti tecnici, ma i vari allenatori presenti
videro qualcosa in me; chiesero così a mio padre se avessi voluto fare quindi
una prova. Io giocavo ancora a calcio e non volevo smettere, ma il giorno che
arrivai a fare il provino in palestra c’era la serie A e vidi Papi, sicuramente
più “piccolo” della media, allenarsi con questi giganti di 2m, che saltava un
sacco e tirava forte. Proprio guardando lui, che era alto come me, mi venne la
voglia di provarci: iniziai a scaricare foto, vedere video e partite in tv, a
studiarlo, fino a quando il mio sogno si è realizzato. Ed infatti, in molti mi
dicono che in alcuni gesti ci somigliamo parecchio”.
Racconta un episodio
pallavolistico che ti sta particolarmente a cuore.
“Ne ho vissuti tanti, dai vari
campionati vinti…In quattro anni di A2 ho vinto 3 campionati e ho disputato due
Coppa Italia. In A1 anche ho fatto buone cose, nel 2012 sono arrivato anche in
nazionale e mi sono giocato un posto per Londra proprio con Papi; due anni fa,
però, forse il ricordo più bello e cioè la Champions League con Berlino con il
terzo posto conquistato ed io che ho messo a terra l’ultimo pallone, o anche lo
scudetto, la Coppa di Germania o quella Europea sempre dello scorso anno, ma la
Champions resta l’episodio più emozionante”.
Come ti trovi a Sora e con
quali compagni hai legato di più?
“Mi trovo molto bene, non posso
dire il contrario. Sono qui da circa tre mesi e ringrazio la società per avermi
dato l’opportunità di rimettermi in discussione dopo l’infortunio. Mi trovo
molto bene con tutti i compagni, in primis con Mattia, con il quale ci
conosciamo da giovani, abbiamo fatto tutto il percorso di nazionale insieme,
abbiamo giocato nello stesso club per qualche anno. Anche con Sveto ho giocato
a Verona e dunque ci conoscevamo già, con Sperandio e Tiozzo condividiamo la
provenienza e spesso parliamo tra di noi in veneto, ma comunque ho legato
davvero un po’ con tutti”.
Come ti vedi da qui a cinque
anni?
“Innanzitutto mi auguro di
giocare ancora; sicuramente sarò più maturo e cercherò sicuramente di lasciare
qualche traccia buona di me”.
Sei superstizioso, hai qualche
portafortuna?
“No, questo genere di cose non
mi appartiene, non ci credo. Non amo fare la classica routine quotidiana prima
di una partita o di un allenamento, mi farebbe impazzire, io amo vivere alla
giornata. L’unica cosa che faccio è ascoltare prima di ogni training e di un
match della musica metal”.
Hobby e passioni.
“Come ti dicevo prima la musica
è una delle mie più grandi passioni, ascolto rock e metal. Suono la batteria ed
infatti a casa ne ho due e con gli amici del mio paese abbiamo creato una sala
prove, dove ho lasciato una delle due e grazie ad uno dei miei migliori amici,
Dario, ho reso possibile il fatto di dare lezioni ai ragazzi della nostra città
nonché prenderne io quando sono a casa”.
Se non avessi fatto il
pallavolista, cosa avresti fatto?
“Sicuramente non avrei abbandonato
il calcio, magari avrei fatto motocross, per via dell’adrenalina, delle
emozioni che ti da quel tipo di attività. Ma sicuramente il mio più grande
sogno sarebbe stato essere un musicista a tutti gli effetti, una rockstar”.
Un pregio e un difetto di Cico.
“Credo che il mio più grande
difetto sia essere pignolo: se una cosa non è fatta come dico io, posso essere
molto scocciante. Sono fissato con l’ordine, la pulizia e che le cose
funzionino come dico io. Una qualità credo che sia sicuramente la mia bontà: so
sopportare tante cose, situazioni, persone”.
Hai un motto?
“Si, una frase che mi ha detto
Lorenzo Bernardi: “Non aver paura di aver coraggio”. Io rischio sempre, ma
almeno so di averci messo il cuore, la faccia e tutto quello che potevo dare”.
Cosa cambieresti di te?
“Forse cambierei un pochino la
mia testardaggine: a volte mi impunto troppo su cose che magari potrei farmi
scivolare addosso. Comunque ci convivo da 30 anni, fa parte di me e vedo che
alle persone care non dispiace…dunque me la tengo così!”.
Cosa pensi della pallavolo
attuale?
“Visto che è la mia professione
ed è anche un gioco, non posso che dire che la cosa più bella del mondo è
lavorare giocando! Il livello qui in Italia è sempre molto alto e per forza di
cose devi dare sempre il 100% per non restare indietro. Ci sono molti giovani
che stanno entrando nel nostro campionato e sono davvero forti e fanno
presagire un futuro certamente d’oro per il volley azzurro”.
Cosa farai quando smetterai di
giocare?
“Sicuramente non allenerò, non
fa per me ripetere ogni giorno gli stessi gesti, perderei la pazienza e
invecchierei molto prima. Credo di restare nell’ambito sportivo, magari come
personal trainer”.
* Cristina Lucarelli
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