di Gabriele Mattacola
L'8 aprile ricorre il decimo anniversario della presidenza, all'interno dell'associazione "Accademia Teretina" del professor Lino Di
Stefano, già preside presso il liceo psico-pedagogico "Pietrobono"di Alatri, succeduto al dottor Domenico Ricciotti. Per l'occasione
vorrei fare una recensione sul saggio "Gentile filosofo sociale", dal suddetto pubblicato nel 2005 presso la casa editrice Evaedizioni
di Venafro. Lo scrittore e saggista molisano è uno dei più insigni studiosi del filosofo e pensatore siciliano barbaramente trucidato il
15.4.1944 dai Gruppi di azione patriottica ( GAP ). L'opera saggistica si divide in quattro parti: nella prima, "Il giovane Gentile",
l'autore, che nell'ultima parte cita la tesi di laurea del filosofo nato a Castelvetrano in provincia di Trapani "Rosmini e Gioberti",
prende in esame il saggio gentiliano del 1931 "Filosofia dell'arte", opera critica in cui il pensatore sostiene che "Opera d'arte non è
solo quella dell'artista che ritrae la società, ma anche quella che ritrae l'anima onde schiettamente prorompe". Il pensatore siciliano
elaborò la teoria di "Stato corporativo" secondo la quale "Lo Stato è concepito come volontà di un popolo che sente in sè la nazione".
Nel trattato a carattere pedagogico "Preliminari allo studio del fanciullo" ( 1924 ) Gentile afferma che "il ragazzo concepisce il gioco
come lavoro". Nel sistema gentiliano Cittadino e borghese, figure entrambe astratte, vengono, al contrario, identificate per il semplice
motivo che essi, scissi, non rappresentano ancora l'uomo integrale. La cultura, secondo la teoria di Gentile, è essenzialmente lavoro,
programma "nel cui svolgimento è impegnata la nostra personalità", il nostro errore più totale. Uno dei sentimenti più profondi
presenti nell'opera filosofica e pedagogica di Giovanni Gentile è quello dell'amicizia.
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