Nel
405° anniversario, "Dies Natalis", della morte di Cesare Baronio L’AMMIRAZIONE DEL CARDINALE
ALFONSO CAPECELATRO (1824-1912)
di Luigi
Gulia *
Alla memoria del
“dies natalis” del sorano Cesare Baronio (30 giugno 1607) si associano nel
corso di quest’anno importanti circostanze ed eventi che riguardano la
Congregazione dell’Oratorio, impegnata anche a celebrare il quarto centenario
dell’approvazione apostolica delle proprie Costituzioni. Alla definizione di
quel testo non era mancato l’apporto del Baronio, primo successore di padre
Filippo Neri nel governo dell’Oratorio, perché la natura e lo spirito della
Congregazione rimanessero fedeli alla mente del fondatore, senza altro voto che
quello della reciproca carità fraterna, in completa libertà di servizio. Padre
Filippo ne aveva dato per primo l’esempio: «Egli non comandava o comandava poco – testimonia il Baronio – ma pregava, inducendo ad obbedire con l’amabilità delle sue parole».
Nel corso del 2012 si
concluderà il terzo mandato di Procuratore Generale di padre Edoardo Aldo
Cerrato, che per diciotto anni ha promosso la vitalità della Confederazione
dell’Oratorio di San Filippo Neri in Europa, America settentrionale, America
latina, Africa e avviato il progetto di ben venti nuove fondazioni in vari
Paesi, Asia compresa. Tra i momenti culminanti di così intensa attività la
beatificazione del cardinale John Henry Newman nel 2010 e la ripresa della
causa di beatificazione del cardinale Cesare Baronio. La presenza e la parola
di padre Cerrato, divenute familiari anche nella patria del cardinale sorano, hanno
testimoniato in molteplici occasioni culturali e religiose la singolare virtù
dell’allegrezza spirituale che rese amabile l’amicizia di Filippo Neri ai suoi
contemporanei di ogni ceto sociale, riferimento esemplare di pietà e di gioia
cristiana nei secoli successivi. Perfino l’austerità e la laboriosità di Cesare
Baronio sono oggi accolte con più appropriata e diffusa consapevolezza storica,
alla luce del legame indefettibile con padre Filippo sapientemente illustrato dagli
scritti, dagli interventi e dalle conferenze di padre Cerrato sia in sedi autorevoli
sia in circostanze di più diretta emozione
comunicativa.
Il 2012 è anche
l’anno celebrativo del primo centenario della morte di Alfonso Capecelatro (14
novembre 1912), che volle essere sepolto nell’abbazia di Montecassino di cui
aveva frequentato con assiduità la Biblioteca e l’Archivio per le sue
innumerevoli opere storiche e letterarie ammirate da Carducci e da Fogazzaro.
Fu sodale dell’Oratorio di Napoli, arcivescovo di Capua, cardinale col titolo
dei Santi Nereo e Achilleo e Bibliotecario di Santa Romana Chiesa, titolo e
ufficio già appartenuti alla biografia di Cesare Baronio, alla quale lo accomunò
infine, sia pure per ragioni storiche e personali diverse, la mancata elezione
al soglio pontificio. All’Oratorio napoletano ebbe condiscepolo e poi
confratello carissimo il quasi coetaneo Aniceto Ferrante, originario del Ducato
di Alvito a pochi chilometri dalla città natale del cardinale sorano, vescovo
di Gallipoli dal 1873 al 1879 prima di ritirarsi, per motivi di salute, nella
campagna del paese natio, dedito alla preghiera, alle opere di carità, alla
predicazione, alla corrispondenza epistolare, alla preparazione di opere
agiografiche, di pietà e di oratoria sacra.
«Il Baronio mi fu
assai caro sin dai miei primi anni, e ammiro soprattutto in Lui l’armonia di
una santità umile e soave con una dottrina molto larga e affatto singolare per
i suoi tempi»,
scrisse Capecelatro in una lettera inviata da Capua il 5 aprile 1907 al professor
Vincenzo Simoncelli per aderire alle celebrazioni che si annunciavano in Sora
nella imminente ricorrenza del terzo centenario della morte del venerabile cardinale.
E aggiunse: «Egli, con buona ragione, è chiamato il padre della storia dei tempi
cristiani; e però riesce nobile e bello di onorarlo ora, che gli studi storici,
non disgiunti dagli studi critici, sono venuti tanto in onore». Del
Baronio, oltre alle “faticose ricerche” e al “lungo
studio” egli ammirava “l’amor vivo e coraggioso della verità”
connaturato al suo “amore egualmente grande della Chiesa cattolica”.
Alla lettera di
adesione il cardinale Capecelatro unì anche un suo “scrittarello intorno a San
Filippo e al Baronio” risalente al 15 agosto 1895, destinandolo al
volume miscellaneo che il giurista Vincenzo Simoncelli avrebbe pubblicato nel 1911.
In quelle poche pagine gli Annali baroniani sono definiti come il primo
tentativo ben riuscito d’una storia universale della Chiesa secondo una
prospettiva provvidenziale dell’Incarnazione divina nella complessa realtà del
genere umano. La genesi di quest’opera di così elevato profilo è rintracciata
nella profonda relazione spirituale tra la paternità esigente di Filippo Neri e
la filiale perseveranza di Cesare Baronio, il quale dal suo maestro di vita fu
sospinto, contro ogni inutile resistenza, ad assumere l’onere dello studio
instancabile, senza mai venir meno al suo stile sobrio di vita, ai suoi doveri
di prete, all’umiltà della sua indole educata a gustare la pace interiore in
piena fedeltà alla volontà di Dio.
«La Chiesa ha avuto molti libri ammirevoli nel corso di diciassette secoli, ma io – conclude il cardinale Capecelatro – non ne conosco un altro, che sia nato come questo del Baronio e di S. Filippo».
«La Chiesa ha avuto molti libri ammirevoli nel corso di diciassette secoli, ma io – conclude il cardinale Capecelatro – non ne conosco un altro, che sia nato come questo del Baronio e di S. Filippo».
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