Recita così:
Signore, Dio della mia salvezza,
davanti a te grido giorno e notte.
Giunga fino a te la mia preghiera,
tendi l’orecchio al mio lamento.
Io sono colma di sventure,
la mia vita è vicina alla tomba.
Sono annoverata tra quelli che scendono nella terra,
sono come una donna ormai priva di forza.
Hai allontanato da me i miei compagni…
Sono prigioniera senza scampo;
si consumano i miei occhi nel patire.
Tutto il giorno ti chiamo, Signore,
verso di te protendo le mie mani.
Ma io a te, Signore, grido aiuto,
e al mattino giunge a te la mia preghiera.
davanti a te grido giorno e notte.
Giunga fino a te la mia preghiera,
tendi l’orecchio al mio lamento.
Io sono colma di sventure,
la mia vita è vicina alla tomba.
Sono annoverata tra quelli che scendono nella terra,
sono come una donna ormai priva di forza.
Hai allontanato da me i miei compagni…
Sono prigioniera senza scampo;
si consumano i miei occhi nel patire.
Tutto il giorno ti chiamo, Signore,
verso di te protendo le mie mani.
Ma io a te, Signore, grido aiuto,
e al mattino giunge a te la mia preghiera.
Hai allontanato da me amici e conoscenti *
mi sono compagne solo le tenebre.
mi sono compagne solo le tenebre.
Questa è’ l’ora del
dolore
E’ il dolore della famiglia,
della madre soprattutto. Questo è il meriggio drammatico delle tenebre del
Calvario, del rattristamento del cuore, dell’indurimento degli affetti, della
rabbia. E’ il momento in cui vogliamo gridare tutti i nostri “perché”. E’ il
momento dell’angoscia, dello strazio, del grido di maledizione che Gesù lancia
sulla Croce: “Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?”.
Mio Dio, perché? Perché tanto
male verso una donna che non ha fatto nulla di male?
Perché tu, Signore, non hai considerato
le nostre ansie, paure, speranze, preghiere? Sentiamo tanta solitudine e
oscurità, confusione e smarrimento. Occhi stanchi, inumiditi da lacrime ininterrotte,
sguardi persi nel vuoto. Il male, la cattiveria, la follia, il peccato degli
istinti più bestiali hanno prevalso sul bene della ragione, della dignità, del
rispetto di una donna indifesa, generosa, amata, riservata e buona.
Sì, lo dobbiamo ammettere: questa
è l’ora dell’impotenza e della sconfitta, avanza l’ora tarda del tramonto che
segna la caduta della fiducia e la perdita della speranza, mentre avanza lo
sconforto
E’ il canto triste della nostra
debolezza, è il lamento pietoso della nostra incredulità di fronte a tanta
crudeltà.
Questa è anche l’ora
del silenzio
Abbiamo bisogno di riflettere, dobbiamo
capire, vogliamo trovare se non una soluzione almeno una spiegazione al dramma
consumato. Ma è anche l’ora della preghiera per impedire al nostro crepuscolo
di diventare terribile notte. Il silenzio della preghiera è il grembo della
luce che illumina la nostra fede nella certezza che le braccia di Dio accolgono
la vita di Gilberta che altre braccia hanno sottoposto alla sofferenza e gettato
nell’abbandono. E’ l’ora nella quale vogliamo consegnare e affidare a Dio
Gilberta, con le parole di Gesù umiliato e abbandonato sulla Croce: “Padre,
nelle tue mani consegno il mio spirito”.
La certezza del giudizio di Dio e
della giustizia umana deve abbattere ogni tentazione di odio e di rancore, che
a nulla servirebbe se non a continuare a fare del male a Gilberta, ora che Lei
tutto e tutti vede e giudica e ama con gli occhi di Dio.
Di quale società sono figlie le
follie che generano tragedie come questa? Chi avrebbe potuto fare qualcosa di
più per evitare questo dramma? La colpa di alcune azioni efferate, anche se
commesse da uno solo, chiama in causa la responsabilità di tutti e chiede conto
del compito educativo e formativo di ciascuno.
Di chi è figlia tanta violenza? Quali
stili di vita generano perversioni così dirompenti, pronte a degenerare nella
violenza più inaudita? In che direzione sta cambiando la nostra Città di Sora?
Bisogna ripopolare le trincee dell’educazione familiare, civile, sociale,
istituzionale e religiosa di figure valide e credibili, in grado di incidere a
favore di una necessaria inversione di tendenza rispetto al diffuso
permessivismo e al degrado della convivenza civile.
E’ l’ora del riposo e
della speranza
Gilberta, che in vita non ha
ceduto il suo corpo alla balordaggine della mania, ora riposa in pace, accolta
dagli angeli di Dio e cullata dalla tenerezza della Madre di Gesù, anche Lei
donna ferita dalla spada del dolore.
La ferita del distacco fisico da
Gilberta diventi feritoia attraverso la quale passa la luce della speranza
nella vita eterna, e poter guardare oltre la coltre della tristezza e della
disperazione.
A Gilberta ora non resta che il
Cielo, e a noi lo sguardo elevato verso la dimora di coloro che oltre la vita
terrena possono godere di una pace che non sarà mai più turbata dal male.
* Sora 13 dicembre 2014, il vescovo X Gerardo Antonazzo. Il testo dell'Omelia tenuta da mons. Gerardo Antonazzo, vescovo di Sora-Cassino-Aquino-Pontecorvo, in occasione dei funerali della prof.ssa Gilberta Palleschi inviato alla stampa da Gianni Fabrizio.
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