Trasferitosi a Veroli nel 1958, per oltre un trentennio ha
insegnato matematica e fisica, dapprima presso l'avviamento
professionale, in seguito all'istituto magistrale “Ada Negri”
dove ha ricoperto per molti anni la carica di vice-preside. E' andato
in pensione il 1.9.1992. Nonostante la sua preparazione in ambito
scientifico, aveva una profonda umanità ed un astro poetico fuori
dal comune, grazie al quale ha scritto sei liriche pubblicate postume
dai figli Marco e Alberto.
La più bella “Sera” parla di una
rondine che, a seguito di un colpo di fucile, non può più volare ed
è tenuta in cattività. Il poeta, accennando alla propria condizione
fisica, viene a paragonarsi a questo volatile. La lirica vuole essere
un messaggio a non abbattersi di fronte alle difficoltà e affrontare
la vita con grinta e coraggio come ha dimostrato lui. Il professor
Sciandrone, dapprima insegnante ed in seguito collega di mia madre, è
stato per me un punto di riferimento, un “maestro di vita”.
Assieme a lui passeggiavo lungo la strada che porta allo Chalet di
Veroli e gli chiedevo consigli.
All'età di 12 anni, per un capriccio, avevo deciso di non voler fare educazione fisica. Incontrai lui il quale mi rimproverò aspramente dicendomi che, alla mia età lui, nonostante le enormi difficoltà dovute alla poliomelite, praticava lo sport per non sentirsi inferiore o diverso dagli altri. Rimasi colpito dalle sue parole e ne feci tesoro. “Via di casa mia” descrive la sua Sicilia, terra alla quale è rimasto legato per tutta la vita. Vediamo le tristi difficoltà economiche comuni agli abitanti di quell'isola durante gli anni '30. Il poeta ricorda gli anni dell'adolescenza in cui le abitazioni erano piccolissime; le mamme allattavano i propri bambini e le persone anziane si stavano avviando verso il tramonto. “Terra mia”, scritta durante una gita scolastica, vuole essere un richiamo alle proprie origini. Il professore ripensa all'azzurro mare il cui profumo è simile alla primavera; ai suoi monti e ai suoi valorosi compaesani.
All'età di 12 anni, per un capriccio, avevo deciso di non voler fare educazione fisica. Incontrai lui il quale mi rimproverò aspramente dicendomi che, alla mia età lui, nonostante le enormi difficoltà dovute alla poliomelite, praticava lo sport per non sentirsi inferiore o diverso dagli altri. Rimasi colpito dalle sue parole e ne feci tesoro. “Via di casa mia” descrive la sua Sicilia, terra alla quale è rimasto legato per tutta la vita. Vediamo le tristi difficoltà economiche comuni agli abitanti di quell'isola durante gli anni '30. Il poeta ricorda gli anni dell'adolescenza in cui le abitazioni erano piccolissime; le mamme allattavano i propri bambini e le persone anziane si stavano avviando verso il tramonto. “Terra mia”, scritta durante una gita scolastica, vuole essere un richiamo alle proprie origini. Il professore ripensa all'azzurro mare il cui profumo è simile alla primavera; ai suoi monti e ai suoi valorosi compaesani.
La terra di Sicilia rimane il suo primo grande amore e ne
sente la lontananza tanto da considerarsi esule da essa. “Ed è
silenzio” è una dedica in versi ad un amico scomparso da poco,
Bruno D'Onofrio. Tutt'intorno è silenzio come lo si può vedere
dalla luce spenta e dalla fontana in cui non scorre più acqua. Si
sente soltanto un lento rumore di campana in segno di lutto. Agli
affetti familiari sono legate “Vorrei” ed “Un'altra vita”. La
prima è dedicata alla moglie e compagna di una vita professoressa
Ada Corsi nata a Vicalvi.
E' una dichiarazione d'amore in cui il poeta vorrebbe dare in dono alla propria amata una stella, la luminosità del sole ed il verde prato in cui vi sono fiori profumati. Auspica in un futuro migliore in cui venga sconfitto l'egoismo umano e non vi sia più dolore. L'ultima lirica è dedicata alla madre Carmela. Prendendo spunto dalla lirica “Madre” del grande Giuseppe Ungaretti,il professore vede, come in un incanto, sua madre che gli sta parlando dicendogli che un giorno,in una sera in cui il vento farà cadere l'ultima foglia, prendendolo per mano lo porterà in quella eternità della quale da quasi 17 anni gode dell'immensa visione di Dio.
E' una dichiarazione d'amore in cui il poeta vorrebbe dare in dono alla propria amata una stella, la luminosità del sole ed il verde prato in cui vi sono fiori profumati. Auspica in un futuro migliore in cui venga sconfitto l'egoismo umano e non vi sia più dolore. L'ultima lirica è dedicata alla madre Carmela. Prendendo spunto dalla lirica “Madre” del grande Giuseppe Ungaretti,il professore vede, come in un incanto, sua madre che gli sta parlando dicendogli che un giorno,in una sera in cui il vento farà cadere l'ultima foglia, prendendolo per mano lo porterà in quella eternità della quale da quasi 17 anni gode dell'immensa visione di Dio.
Queste sono le liriche scritte dal
professor Calogero (Lillo) Sciandrone bellissime e scaturite da un
animo sensibile fuori dal comune e che andrebbero inserite in varie
antologie poetiche. Purtroppo, sono state pubblicate un mese dopo la
sua scomparsa e ciò è stato triste cosi' come per me lo è stato
qualche mese dopo che il professor Sciandrone è andato in pensione
ed io ho intrapreso gli studi in quello stesso istituto. Penso che,
se egli mi avesse insegnato anche per un solo anno, avrei avuto un
esempio di docente che, in 5 anni, non ho mai incontrato.
*
Veroli 4 marzo 2014 di Gabriele Mattacola. La foto è tratta da: www.sicilia.indettaglio.it
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