La Cucuzzàra nnùmmere trè Storielle 'e casa nostra *
L'intervento a cura di Diana Carnevale letto durante la presentazione del libro
Voglio partire dall’immagine di copertina, un dipinto di Antonio: una casa, un portone, un gruppo di donne, un contenitore, un luogo di ascolto. Uno scenario corale vivo ancora, forse, in qualche antico borgo medioevale, uno scenario presente nella memoria della mia generazione, ultima testimone di quegli anni, gli anni della prima ricostruzione.
Sono un gruppo di donne impegnate con le mani e la parola: lavorano, pregano, si raccontano, si scontrano, si confrontano, si aiutano e affrontano il necessario vivere giorno dopo giorno, scambiando e barattando i fagioli con la polenta, un vestito con un paio di scarpe, condividendo gioie e dolori, salute e malattia, insieme, come una grande famiglia.
Le porte erano aperte. La collettività all’unisono. Una naturale associazione di mutuo soccorso. Una forza ricostruttiva e una terapia.
E così si sono superati gli anni bui del dopoguerra.
Tempi difficili ma carichi di umanità.
Non c’era bisogno, allora, di inventarsi artificiosi laboratori, o gruppi di lavoro o progetti compensativi.
La semplicità era la regola.
I personaggi e gli eventi erano reali e i dialoghi contemplavano i bisogni primari. Non agivano le sovrapposizioni strutturali dei bisogni artificiali indotti. Il biologico non era una moda. Le ansie e le paure non erano legate al sovra-consumo, alla compulsività dell’accumulo e del successo, all’alienante apparire, ma alla risoluzione della quotidiana sopravvivenza che allertava intelligenza, acume, autoironia, risorse.
Nelle raccolte di Antonio emerge uno spaccato di questa storia che trasmette un’anima popolare, con i suoi personaggi, i vissuti, i costumi, gli stili, la mentalità, la bonaria ironia, la sagacia, la furbizia, la capacità di arrangiarsi, le battute mordi e fuggi, la coralità, la lingua. Un piccolo mondo antico che i sorani amano e ringraziano tutti coloro che fanno un lavoro di conservazione lasciando una traccia.
Quindi ringrazio Antonio, insieme a tutti coloro che vogliono associarsi, per questo regalo, così come ringrazio tutti gli studiosi della soranità, i bibliofili, che raccolgono documenti, dalle foto, ai libri, ai dipinti, ai personaggi di rilievo per una rilettura futura del nostro territorio. Permettetemi di ringraziare Bruno La Pietra per il lavoro fatto insieme a Michele Ferri su Vincenzo Simoncelli, presentato la settimana scorsa e personalmente spero venga fatto anche su Amedeo Carnevale.
Voglio ringraziare Loreto Petrozzi e Gino Catenacci per avere scritto la grammatica del dialetto sorano, un vero documento poiché nella lingua si sedimenta il cuore pulsante di una gente, lavoro che presumo abbia richiesto passione e tempo per le difficoltà sintattiche e grammaticali del nostro dialetto, di difficile lettura e scrittura.
E non posso omettere di ringraziare Antonio Mantova che in contemporanea sta presentando il suo nuovo libro che raccoglie i 100 anni di commercio a Sora .
Sora resta nelle storielle popolari di Antonio e negli studi, tanti, non posso citarli tutti, degli storici del nostro territorio.
Resta una soranità che può non piacere a tutt’oggi ai paesi limitrofi, e se ne facciano una ragione, per quel tanto di campanilismo che ha secolarmente accompagnato la storia d’Italia, ritardandone l’unificazione, e che perdura nel sotterraneo come resistenza alla conformazione globale, mentre è culturalmente vivo un sentimento di unità plurale.
Una soranità che ancora si legge negli occhi e nei volti degli emigranti quando tornano per i festeggiamenti estivi.
Resta nella memoria una soranità, dunque, fatta di intelligenza, prontezza di spirito, intuitività, autoironia, capacità di risolvere un disagio con una battuta; resta una soranità fatta di capacità progettiva, a partire dal nulla, di imprenditoria industriale, si pensi ai fervidi anni sessanta, una capacità di imprenditoria commerciale molto attiva per lungo tempo grazie alla strategica posizione della città, nella convergenza di tre regioni, Lazio, Campania, Abruzzo , ed infine, una capacità di imprenditoria artigianale con un artigianato fiorente di cui rimane traccia nella bottega di Antonio, ultimo accanito testimone, grande cuore nostalgico.
* Il libro è acquistabile presso le librerie di Sora e presso la bottega dello stesso autore in via Branca.
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