20.11.12

Francesco Fortunato capitano in campo della Globo Banca Popolare del Frusinate Sora



CAPITAN SCOTT: “In tutta la mia carriera pallavolistica non ho mai preso un cartellino!”

Dopo l'infortunio a Giuseppe Patriarca, Francesco Fortunato è stato chiamato a ricoprire l'importante ruolo di capitano della Globo Banca Popolare del Frusinate Sora e ha risposto magnificamente all'incarico assegnatoli raccogliendo i gradi di Patriarca e usandoli nel miglior modo possibile. Come si è potuto vedere in questi giorni, Scott è ascoltato e rispettato da tutti i suoi compagni diventando da subito il capitano perfetto per gli allenatori, per la squadra e per tutto lo staff tecnico che lavora gomito a gomito con lui.

“Il capitano resta sempre e comunque il nostro Giuseppe Patriarca, - ci dice con fermezza Fortunato -. La sua assenza si sente: si avverte in campo, nello spogliatoi e in gara quindi come uomo, come compagno e come atleta. Manca Giuseppe e purtroppo continuerà a mancare ancora per un po di tempo. Io sono felice di aver preso questa eredità che resta comunque un suo onere e un suo onore”.

Cosa significa essere capitano?
“Vuol dire avere delle responsabilità ed è una cosa che mi piace. In generale sono sempre contento quando mi vengono affidate delle responsabilità, poi se arrivano sul lavoro è motivo di orgoglio maggiore perché vuol dire che c'è fiducia nella mia persona e nel mio operato. È bello essere l'uomo giusto e non capita spesso”.

Quali sono le maggiori responsabilità di un capitano?
“Il capitano deve essere capace di dire la parola giusta al momento giusto in tutte le situazioni sia singole, quindi a tu per tu con un arbitro o a quattr'occhi con un compagno, sia di gruppo. E avere poi la sensibilità e l'onestà di capire quando c'è la necessità di dare un po di bastone e quando la carota”.

Con questo nuovo incarico è cambiato qualcos'altro oltre all'aumentare delle responsabilità?
“Rispetto al mio modo di essere, di rapportarmi con i compagni in palestra, in campo, in allenamento o in gara, resto comunque quello che sono. Il fatto di essere capitano non mi ha fatto cambiare atteggiamento dall'oggi al domani, cerco come sempre di dare dei consigli costruttivi. Se c'è da riprendere qualcuno per qualsiasi motivo inseguo sempre il modo migliore di farlo, se poi riesco a toccare il tasto giusto facendo scattare la reazione giusta, sono il primo a esserne contento. So comunque che lo faccio sempre con affetto e con tantissima voglia di trasmettere agli altri senza presunzione quello che tanti anni di pallavolo mi hanno insegnato”.

Che capitano sei?
“Questo bisognerebbe chiederlo alla squadra. Io cerco di fare il mio dovere, il dovere del capitano nel miglior modo possibile. Ripensando al mio comportamento in questi giorni da caposquadra, vedo un buon capitano; a me piacerebbe avere un capitano come me. È palese anche però, che rispetto a Patriarca alle volte sono più sensibile, lui ha dei modi più diretti rispetto a quelli che posso avere io e come è normale che sia, non esiste un atteggiamento migliore tra i due, ci saranno sicuramente persone con le quali è consigliabile comportarsi in un modo piuttosto che in un altro”.

Com'è vincere una partita da capitano?
“La gioia è sempre la stessa e anche il peso della responsabilità, l'importante sarebbe vincere sempre sia quando si è capitano che non. Sicuramente il peso della responsabilità cambia quando ci sono delle palle da contestare e sai che la tua parola conta il doppio o forse è l'unica a contare e quindi cerchi sempre di essere il più diplomatico possibile nei confronti dell'arbitro, anche se è veramente difficile. I miei colloqui con i direttori di gara non sono mai stati impulsivi, vado da loro cercando di essere il più educato e diplomatico possibile, ragiono su quello che c'è da dire ma comunque espongo sempre tutti i miei dubbi, le mie perplessità e soprattutto le mie ragioni e quando ce l'ho, esprimo anche la mia opinione personale sul loro operato. In una delle partite che ho giocato da capitano, che per ovvi motivi non vi dirò quale sia, quando ho stretto la mano ai direttori di gara al termine del match, oltre a ringraziarli per il lavoro svolto ho sottolineato quanto questo sia stato carente. Perché io credo che se il giudice di gara chiama out un attacco chiuso nettamente in campo e poi compensa giudicando out una battuta dell'altra squadra che non lo era, questa per me non è compensazione, ma è commettere due errori. In questo caso dico tranquillamente che l'arbitro è scarso. Per onor di cronaca e a riprova di quanto detto fin'ora, devo confessarvi che in tutta la mia carriera pallavolistica non ho mai preso un cartellino!”.
 
* Sora 20 novembre 2012. Carla De Caris – Responsabile Uff. Stampa Globo Banca Popolare del Frusinate Sora.

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