di Gianni Fabrizio
A conclusione della “Missione Diocesana”, ecco l’intervista al vescovo Gerardo. Gli abbiamo chiesto una prima riflessione su questa forte esperienza di fede e di popolo, per ripartire arricchiti all’inizio del nuovo anno pastorale.
È possibile un primo bilancio sulla “Missione
Diocesana”?
“Non è certo tempo di “bilanci”, né di
conclusioni riguardo al progetto della Missione Diocesana svoltasi dal 21 al 27
settembre. Si rischierebbe di essere approssimativi e poco rigorosi per
un’analisi che richiede tempo e anche un certo distacco psicologico da
euforismi trionfalistici, come anche da vittimismi deleteri. Mi riprometto di
fare tesoro di tutti i processi di verifica che saranno favoriti nelle prossime
settimane per garantire una forma di “restituzione”, direi di “redditio” della
Missione vissuta alla comunità diocesana, nella forma di un breve documento, per
rilanciare la continuità dell’esperienza vissuta. Si potrebbe però operare un
tentativo di “sintesi”, al fine di far risaltare gli aspetti peculiari che
hanno caratterizzato l’esperienza di evangelizzazione, sia nel positivo che nei
limiti riscontrati. Questo ci permette di raccogliere e tenere insieme alcuni
tra gli elementi più significativi, per poi riflettere più attentamente sui
singoli dati, ed elaborare una rilettura attenta e utile. L’elaborazione di una
verifica approfondita sarà preziosa ai fini di una disamina socio-religiosa del
territorio e di una possibile interpretazione dell’orientamento culturale ed
etico delle nostre comunità e del
rapporto tra i credenti e la comunità cristiana locale”.
Quali erano gli obiettivi della Missione da raggiungere?
“Il primo obiettivo
della Missione diocesana riguardava sia la conversione, cioè di cambiamento di mentalità e di metodo della
pastorale ordinaria in termini di missionarietà. Questa sensibilità, grazie al
progetto realizzato, è notevolmente “esplosa”. Con ciò, la presenza dei
Seminaristi del Regionale di Anagni, che inizialmente erano considerati come
coloro che avrebbero svolto in primis la Missione diocesana, è stata ben compresa, come
una presenza di stimolo e di accompagnamento ad un’azione missionaria che
doveva riguardare e coinvolgere prima di tutto i laici delle varie parrocchie.
E così è accaduto. Un secondo obiettivo, alquanto urgente, era e
rimane quello di ricostruire un’alleanza esemplare e dinamica tra la comunità
dei credenti e il vasto territorio, soprattutto le periferie geograficamente più
isolate rispetto al centro storico delle nostre parrocchie. La periferia
territoriale spesso genera, o comunque corrisponde anche ad una periferia dell’esperienza
della fede, con un crescente distacco e disaffezione dalla vita della
parrocchia. In questo senso, il rapporto è migliorato, ma è uno degli elementi
che il seguito della missione dovrà potenziare in modo strutturale e
sistematico. Un ulteriore obiettivo della Missione è stato quello di provocare
il protagonismo dei laici nello slancio della evangelizzazione. Questo
tentativo, evidentemente, andava di pari passo con l’esigenza mai compiuta di
“declericalizzare” l’attività pastorale. Papa Francesco nella “Evangelii
gaudium” afferma che i laici sono “semplicemente” la maggioranza del popolo di
Dio. Come non renderli protagonisti, ad ogni livello e settore, dell’azione
ecclesiale?”.
Quale
aspetto L’ha sorpresa maggiormente?
“Devo ammettere che
tutti i presbiteri, io compreso, siamo stati colti di sorpresa per la partecipazione
dei laici alla Missione, a partire dalla frequenza della Scuola di
evangelizzazione approntata appositamente per abilitare gli stessi laici ad una
prima esperienza missionaria. I numeri da una parte, l’entusiasmo dall’altra, hanno
dato ragione ai laici, i quali con il loro agire hanno dimostrato un roboante “Ci siamo”, che non deve essere assolutamente spento”.
Allora, una vera
esperienza di popolo….
“La missione
diocesana è stata una piena esperienza di “popolo”, considerato il
coinvolgimento esteso sia dei laici missionari, sia delle persone raggiunte
secondo le fasce di età. Si è trattato come di un risveglio popolare e gioioso,
che ha ridestato tanti da un torpore che
durava da tempo. In questo senso abbiamo constatato come la gente del nostro
territorio, che rientra nella fascia ampia dei cosiddetti “non praticanti”, non
è gente lontana dalla fede, né dall’apprezzamento della comunità parrocchiale.
E’ soltanto in “attesa” che qualcuno si interessi di loro, che qualcuno li
cerchi, gli vada incontro. Questo mi fa capire perché abbiamo avuto
un’accoglienza incredibile da parte di tutti. Sono persone che amano riattivare
un primo incontro con la parrocchia, non in chiesa ma in casa, ama essere
cercata nei suoi ambienti di vita, nelle contrade delle loro case.
Personalmente penso che questo vada interpretato come un importante appello
alla riscoperta di una dimensione più “domestica” della vita cristiana
ordinaria. Ci penseremo bene”.
Qual è stata la
collaborazione dei presbiteri e dei laici?
“L’azione di animazione da
parte dei presbiteri è stata esemplare
sia nella fase preparatoria, che nello svolgimento della Missione. Hanno saputo
dare lo slancio giusto, coinvolgendo le persone disponibili senza esclusioni, e
motivando i laici nel coraggio di affrontare situazioni inedite e imprevedibili
con fiducia e generosità”.
Quindi
non si può dire “compiuta” questa Missione….
“ In definitiva, la Missione
svolta nei giorni programmati, potremmo ritenerla davvero “compiuta” solo nel
momento in cui avremo prova concreta di una continuità nell’impegno costante di
evangelizzazione, oltre il culto e le devozioni popolari, per costituirci in
ciascuna comunità, o tra più parrocchie insieme, in uno stato permanente di
missione”.
Una
testimonianza di fede e di enorme partecipazione ed entusiasmo, si sta
rivelando la lunga peregrinatio della statua della Madonna di Canneto.
“La peregrinatio mariana, iniziata
a conclusione della Missione popolare, intende perseguire ulteriori obiettivi
legati all’evangelizzazione nelle nostre parrocchie. Tale iniziativa pastorale
vuole tenere vivo e alto il livello dell’impegno missionario nella pastorale
ordinaria, a partire dall’annuncio della vita come vocazione. In questo senso
la testimonianza della Madonna è esemplare, luminosa e consolante. Il passaggio
della statua della Madonna di Canneto prevista per pochi giorni in ciascuna
parrocchia, dovrà provocare almeno una settimana di animazione vocazionale,
perché non si riduca tutto a manifestazioni devozionistiche sterili e
anacronistiche”.
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