C’è vita oltre le giostre dell’hype,
le avanguardie più o meno
drammatiche, le next big thing tanto più sensazionali quanto più a
perdere.
I cinque Sky Of Birds sembrano avere il tempo dalla loro
parte, come se la sapessero più lunga dell’attimo fuggente. Se la
prendono comoda in compagnia di convinzioni così assodate da
potersi permettere di sgualcirle, strapazzarle, mascherarle.
Affondarle in un lago di trepidazioni mature ma per nulla
rassegnate.
Dicono di essersi incontrati in non più verde età
(leggi: oltre i trent’anni), quando hanno deciso di scozzare i
rispettivi background a base di Pavement, Neil Young e Velvet
Underground.
L’ascolto di queste quattro tracce d’esordio
conferma tutto, più qualche altro retaggio sparso e non sempre
scontato, tipo il Morrissey nel post-western uggioso di Big Former
Times, il romanticismo noir tra Jeffrey Lee Pierce e Chris Isaak di
Are You Ready ed il Lanegan civettuolo di Snipers, mentre Collide
incalza tra elettricità indie e declinazioni neo-psych sul filo di
un disincanto ammaliante.
Colpiscono la padronanza con cui
confezionano l’impasto, l’assenza di pose stilistiche (anche e
soprattutto nel canto, per nulla banale), la mancanza di timori
revrenziali se c’è da sparigliare le coordinate, la personalità
insomma che consente loro di sigillare il programma con una bonus
track che rilegge A Chicken With Its Head Cut Off dei Magnetic Fields
sciorinando indolenzimento Wilco ed estro accorato Malkmus con la
naturalezza di un giro di birra agrodolce tra
amici.
A
poco meno di un anno dalla fine dei Mosquitos, Mario Martufi inizia a
cercare i musicisti con cui fondare una nuova band e si rivolge agli
amici con i quali aveva incrociato il cammino nel corso degli anni:
innanzitutto Strueia, cantante e polistrumentista di Shout e poi del
progetto a suo nome (su 42 Records) che negli Sky of Birds si siede
dietro i tamburi e a cui si aggiunge, dopo la prima prova, il
bassista Simone Podagrosi. Seguono poi Alberto Capoccitti, già con
gli Slacker Monday e i Mahatma Transistor, alla chitarra e synth, e
Sandro Traversi, con il quale Mario aveva già condiviso l’esperienza
nei Mosquitos, a chitarra e tastiere.
Il
risultato della loro collaborazione è un primo EP, “Rivers Flow
Free, Lakes Just Agree“, che sta rapidamente facendo crescere
l’interesse e la curiosità intorno al gruppo e i cui pezzi parlano
di amore, odio, vita, morte, gioia, dolore, della difficoltà di
comunicare e di incontrarsi, di perdita, di distacco e del desiderio
di trascendere da tutto questo.
Quattro
pezzi vicini all’alt-rock indipendente americano ma che con
facilità e delicatezza rimandano anche a mondi extra-musicali, alle
atmosfere di Wenders e Fellini così come alle visioni di Warhol e
Mondrian.
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